La maestranza costituita dagli stuntmen costituisce un ruolo essenziale, specialmente all’interno della produzione dei blockbuster hollywoodiani, fin dalla nascita di questa industria. Eppure, tale categoria viene spesso data per scontata, come nel caso degli Academy Awards, che ancora non presentano una statuetta per tale mestiere.
Figure come Chad Stahelski (John Wick) e David Leitch, stuntman che hanno proseguito la loro carriera dietro la macchina da presa, hanno portato una nuova consapevolezza verso l’essenziale ruolo di questi professionisti, di pari passo con l’affermazione di un nuovo filone action, fresco e che spesso flirta con la commedia.
Se il primo ha creato il franchise più forte di questa nuova fase del cinema d’azione, David Leitch si è prestato a collaborazioni con saghe preesistenti (Deadpool, Fast & Furious), ma anche a prodotti originali, dimostrandosi più figlio di un approccio post tarantiniano già inseguito da Guy Ritchie e Matthew Vaughn.
The Fall Guy è l’ultimo tassello della sua filmografia, che segue lo scanzonato e truculento Bullet Train. In questo caso il territorio è più simile a quello del Tropic Thunder di Ben Stiller, con una parodia sicuramente meno marcata dello status di Hollywood attuale. La vicenda ruota attorno Colt Seavers (Ryan Gosling), affermato stuntman in crisi dopo un grave infortunio, e il suo ritorno sul set dell’opera prima della sua ex fiamma Jody Moreno (Emily Blunt), ritrovandosi in un losco intreccio per colpa dell’indisciplinata star Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson).
Rispetto ai suoi precedenti film, The Fall Guy nasce in maniera esplicita con un’esigenza, ovvero dare luce alla questione sopracitata (la mancanza di un Oscar per gli stuntmen viene proprio pronunciata dal protagonista), denunciando col sorriso la precarietà di un lavoro che perennemente mette a rischio e debilita sotto ogni campo la persona chiamata a svolgerlo. Tale sincerità non può che giovare l’intera operazione e dotare l’elemento metacinematografico una maggiore attinenza.
Si può definire riuscito anche l’accostamento ossimorico della sfera emotiva accanto all’immane sforzo fisico richiesto per il ruolo, una (gradita) variabile aggiuntiva al solito schema vincente portato avanti da Leitch. L’alchimia tra Gosling e Blunt per di più è palpabile e i loro confronti/battibecchi costituiscono sicuramente uno dei selling point del film.
La costruzione attorno a questo nucleo, principale colmo di buone intenzioni, risulta invece alquanto blanda e problematica. Se la storyline amorosa funziona per merito delle due impeccabili star, nel comparto della commedia e nella confezione “noir” che riveste l’intreccio regnano stereotipi e banalità, specialmente nei segmenti che vedono separati i protagonisti. Le strizzate d’occhio e le prese in giro alle ultime tendenze del mondo hollywoodiano peccano di ferocia e si situano in una confort zone ideale che non scomoda nessuno.
Forse è proprio questo il grande difetto che circonda The Fall Guy: l’incapacità di prendersi evidenti rischi e scostarsi dalla formula action comedy in voga nell’ultimo decennio e, al tempo stesso, un’esibita volontà di diventare iconico nel tentativo di lanciare il suo lodevole messaggio. Ovviamente l’augurio al film di Leitch è che, per lo meno, riesca in questo suo intento.
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