The German Doctor: la recensione di Dolby MOVIE 5.1
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The German Doctor: la recensione di Dolby MOVIE 5.1

The German Doctor: la recensione di Dolby MOVIE 5.1

THE GERMAN DOCTOR – WAKOLDA

Il film di Lucia Puenzo ripercorre uno degli episodi riguardanti il periodo da fuggitivo in Sud America di Josef Mengele, medico del Terzo Reich, soprannominato “L’angelo della morte”,
divenuto tristemente famoso per la enorme mole di esperimenti di eugenetica che svolse nel campo di concentramento di Auschwitz.
In particolare la pellicola ci riporta alla mente un periodo della sua permanenza in Argentina.
Siamo a Bariloche ed il dottor Mengele entra nelle grazie della dodicenne Lilith e della sua famiglia (nonostante il padre, Enzo, sia sempre dubbioso riguardo la figura del dottore), proprietaria di un albergo prossimo all’apertura.
La piccola Lilith non cresce così in fretta come i ragazzi della sua età, ed allora quale modo migliore per il “Veterinario” Mengele (che in Argentina si nasconde sotto il nome di Helmut Gregor), per poter dar sfogo di nuovo ai suoi esperimenti di genetica per aiutare la giovane ragazzina a completare lo sviluppo fisico per recuperare il gap con i suoi coetanei.
Ed allora ecco che si scatena la sua ossessione maniacale alla ricerca della perfezione, triste elmento identificativo del Reich di cui fino a pochi anni prima faceva pienamente parte, unita ad una buona tecnica di persuasione che incanterà prima la piccola Lilith, e successivamente anche sua madre Eva, ma non l’archivista e fotografa Nora Edloc, che da subito sospettosa sulla vera identità di Mengele, si tiene in stretto contatto con chi negli anni post bellici darà una caccia spietata ai fuggitivi del Reich : il Mossad.
Non è di certo un film horror questo “The German Doctor – Wakloda” di Lucia Puenzo, ma forse spaventa più di qualsiasi altra pellicola faccia parte di quel genere.
Si perchè la regista è braivssima nel calare un personaggio come Mengele in un’atmosfera come quella che il film ci mostra: un paesaggio spettacolare, quello della Patagonia, una pace che sembra non possa essere distrutta da nulla, una famiglia accogliente, un clima quiete e tranquillo. Così come è tranquillo questo “veterinario” che sembra essere venuto dal nulla, schivo, scupoloso e maniacale nel suo lavoro, con una passione per le bambole che sa un po’ di macabro. E’ la “banalità” del male (che ci riporta alla mente l’opera di Hannah Arendt) quella che più ci spaventa, il fatto che Mengele, da fuggitivo in Argentina, sembri uno come tanti, e non quell’ Angelo della morte che tanto dolore e morte provocò nei suoi anni di servizio alla causa del Terzo Reich.
Il film e lo stesso Mengele ci ipnotizzano, ci anestetizzano, per poi dare vita ai macabri esperimenti.
La Puenzo, vincitrice del Gran Premio della Critica al Festival di Cannes 2007 e del premio Goya come miglior film straniero con l’esordio “XXY – Uomini, donne o tutti e due?” ci lascia un film sicuramente da vedere, che fa un po’ più luce su uno dei periodi più misteriosi sulla fuga di Mengele nel continente sudamericano, e ci fa riflettere sull’aspetto più inquietante del male, ovvero, quello di presentarsi a volte, sotto le spoglie di una persona qualunque.

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