Il buon Eli Roth è tornato. Ed ancora una volta ha puntato sul fattore nostalgia. Si perchè se con “Clown” aveva cercato ( a mio modesto parere in malo modo ) di spodestare dal trono niente meno che Mr. Pennywise “IT” , questa volta ha voluto riportare in auge un genere che tanto successo ha avuto negli anni 70’ – 80’ , anche grazie a grandi registi di casa nostra.
Stiamo parlando dei “cannibal movies”, che subito ci fanno tornare alla mente pellicole come “Cannibal Holocaust”, “Mangiati vivi”, “Mondo Cane” e chi più ne ha più ne metta.
Ed allora torniamo di nuovo nella jungla, di nuovo in quel mondo tanto verde, tanto immerso nella natura, nella vita selvaggia, nelle attività di alcune tribù che ancora non sanno minimamente cosa siano cose come Twitter, Facebook, Whatsapp. E’ un gruppo di giovani universitari americani che arriva in Perù, con l’obiettivo di addentrarsi nell’Amazzonia per salvare una tribù del luogo dalla totale estinzione. Buoni propositi, una causa giusta, ma….siamo proprio sicuri che questa tribù la prenderà bene? No, non siamo sicuri proprio per niente.
E da qui, signore e signori, c’è sangue, tanto sangue, ed una delle cose azzeccate del film di Roth : il lento ma inesorabile avanzare della violenza, delle macabre torture che il gruppo di studenti subisce senza soluzione di continuità una volta catturati dalla tribù di indigeni.
Come avevamo già visto in “Hostel”, Roth il sangue non ha paura di farlo vedere, e qui di scene forti ce ne sono parecchie, ed oggettivamente credibili. La disperazione dei ragazzi da subito si fa sentire, è palpabile la sensazione del “qui adesso finisce molto molto male, anche se non si sa bene come”, altra scelta azzeccata della pellicola. Il tocco ironico di Roth non manca, e forse in questo film pè molto più accentuato che in altri : il regista è ormai abituato a prendere un po’ in giro alcuni modi di fare e di essere del suo paese natio, gli States, e se con “hostel” li aveva stuzzicati dal lato del truismo sessuale, qui tocca un altro tasto dolente : il finto interesse per le lotte ambientali diritti umani. Per non svelarvi la trama non vi diciamo in cosa questo consista ma vi anticipiamo solo che questo tocco ironico lo si nota bene nelle intenzioni prima, e nelle gesta poi, di uno dei personaggi della pellicola.
Sangue, tensione, ironia : ma allora “The Green Inferno” è un filmone! No, un attimo, intanto scordiamoci che il livello del film possa anche lontanamente eguagliare il successo ottenuto da mostri sacri come Deodato e Lenzi, ma forse questo lo sa già Roth stesso. Alcune cose però non vanno : i personaggi principali, troppo “americani” nel loro modo d’essere, torppo da “teen movie” nella loro interpretazione, per un film che ha avuto parecchia pubblicità dietro prima di uscire nelle nostre sale.
La scelta poi di non mostrare immagini di violenza su animali (azzeccata) viene subito sostituita con l’altra (non molto azzeccata) di mostrare scene di violenza (la prima vittima viene lettralmente disintegrata) ma di non mostrare più di tanto le nudità femminili, quasi a dire “l’occhio cavato te lo do, ma il culetto non te lo faccio vedere” . Una scelta che non sembra il massimo della coerenza.
E poi un giudizio che è del tutto personale : il finale. No…..un finale così’ lo si poteva certo evitare, e rimane e rimarrà una macchia dal quale il film difficilmente si potrà liberare. Perchè questo “The Green Inferno” nonostante non sia al livello dei predecessori del genere, non è un film da buttare, anche per la violenza che ha al suo interno e che lo differenzia per una volta tanto da quasi tutta la moltitudine di pellicole horror che passano in questi mesi, soprattutto in Italia. Basta con esorcismi, home invasion, e maledizioni varie, in questo “inferno verde” c’è solo tanta disperazione, tanta violenza, tanti sacrifici (umani), tanto tanto sangue e ………..guardatelo fino alla fine, perchè c’è anche un’altra cosa. Starà poi al vostro gusto decidere se quest’altra cosa è positiva, o se si poteva evitare.
Ma una chance concedetegliela, soprattutto, sempre a mio modesto parere, se, a suo tempo, avevate fatto lo stesso con “Clown”.
“Cannibal Holocaust” non è di certo raggiunto, ma in questo caso, per una volta, non è nemmeno tanto rimpianto. E per i maschietti……..la Izzo (Justine nel film) forse non vincerà mai un’Oscar, ma è “davvero piacevole” da vedere.