The Hateful Eight: la recensione di Leonardo23
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The Hateful Eight: la recensione di Leonardo23

The Hateful Eight: la recensione di Leonardo23

Se vuoi creare suspense non fare esplodere una bomba. Di che ce ne è una. Ma non dire dove. Sentenza, questa, che fa di idea genio e genio idea, e che s’adegua sin da incipit a essere costante di questo grandioso The Hateful Eight, frammento d’altra epoca e ritorno alle origini di intestina violenza e fascinazione dimenticata. Garante di esperienze è infatti Tarantino, maestro del sotterraneo e archeologo con la virtù della contemplazione, che confeziona il meglio: se visto come pensato, glorious pellicola Ultra-Panavision 70mm, overture da brividi, programma di sala, l’eccitazione di un tipo di cinema-evento del tutto scomparso inebria lo stimolo cerebrale (concentrarsi è necessità) e lo slancio nostalgico votato al futuro, a proclamazione di cinema vivo e pulsante. Forma di intrattenimento, quindi, ma anche competente lezione e inno a un genere, scusate, generi. L’ottava orchestrazione, in due macroparti (azione e reazione), del ragazzo del Tennessee è infagottata e fluida danza di categorie narrative, pièce teatrale dal dialogo baffuto, giallo a unità di luogo, asciutto thriller e western spesso in coltre di neve, dove i personaggi, profili odiosi e deliziosamente inveleniti, se ne dicono di tutti i colori e sono rotanti inconsapevoli del dramma a orologeria. E a inclinatura sociologica. È il ritratto di un paese, che annega nel sangue (giustizia di frontiera, vendette e regolamenti di conti sono all’ordine del giorno) ma anche palcoscenico canonico, ben piantato, che allinea corpi e oggetti, attenzione sul come non sul cosa, dentro confini lignei molto definiti(vi). Odore dal colore, pensiero dall’atto. Teatralità con gusto e fragore pistolero. E mentre l’ambiguità regna è appagante essere governati dall’uomo dietro le quinte, che con un gesto, una parola o un suono capovolge sicurezze e ci fa saltare dalla sedia quando vuole e come vuole. Forse la seconda parte è troppo più convulsa, ma è questione di minore importanza, perché il tutto è più unico che raro. E poi, perché il sangue nella neve è molto più rosso.

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