Se parliamo di cinema horror, di mistero, di thriller a incastro, difficile oggi come oggi sperare in qualcosa di più di un film prodotto da Jason Blum e scritto da Damon Lindelof (per capirsi, lo stesso delle serie tv Lost, The Leftovers e Watchmen). Ebbene, questo film oggi esiste e si chiama The Hunt – ovvero “la caccia”, nel senso di caccia all’uomo.
Chi caccia? Una èlite di bianchi privilegiati e politicamente corretti, fissati con l’ambiente, le politiche di genere, il bullismo informatico.
Chi viene cacciato? Un gruppo mal assortito di rappresentanti della working class, tendenzialmente razzisti, bigotti e amanti delle armi.
Perché? Sorpresa.
Un po’ come accadeva in Quella casa nel bosco, anche qui è complicato empatizzare tanto con le vittime quanto con i carnefici, ma stavolta uscendo dai discorsi metacinematografici e giocando invece con politica e società.
La storia: un gruppo di sconosciuti, dopo un viaggio nella stiva di un aereo, viene abbandonato in mezzo a un bosco. Gli vengono fornite delle armi e una mascotte, un maialino con una bandana annodata attorno al collo. Scappano ma fanno quasi tutti una brutta fine. Sull’identità dei carnefici non c’è discussione, fin dalla prima inquadratura si presentano a volto scoperto. Ma sulle loro ragioni il dubbio pian piano cresce.
La regia, dell’ottimo mestierante Craig Zobel (lo stesso di Compliance), punta su ritmi forsennati – tutto dà l’impressione di accadere troppo in fretta – e su un cast di volti noti della quality TV che si presta ad alcuni cameo esilaranti.
Il meccanismo della messa in scena rispecchia il senso dello script: più il film strilla la propria idiozia, più esibisce la propria violenza grafica, e più ti sfida a a decifrare i suoi paradossi. Niente di rivoluzionario in senso largo, intendiamoci, sono cose che da una buona serie a fumetti ci si può aspettare. Ma per il cinema, per questo cinema qua, è più raro, ed solo grazie a Blum e ad autori come Jordan Peele se ci stiamo facendo l’abitudine.
The Hunt – come Us, ma su un terreno più scivoloso – tenta di rispondere alla domanda se i B movie possano tornare a scardinare luoghi comuni e galateo politico della nostra società, restando impuniti grazie al loro status. Lo fa molto bene ed è un gran peccato che il film, uscito proprio all’inizio della pandemia, sia circolato così poco in sala e non abbia nemmeno avuto – almeno per ora – una distribuzione in streaming economica come invece Il buco, altra grande metafora sociale che sceglie il B movie come veicolo.
Divertente, veloce, coreografo benissimo nei momenti action, il film di Zobel conta pure su una protagonista eccezionale – Betty Gilpin, la Debby Egan di Glow – imperscrutabile macchina di morte con misure da pin up e accento white trash, un personaggio che avrebbe fatto la gioia di Russ Meyer. È lei la ragione inafferrabile, e la soluzione finale, di tutta questa mattanza: in un mondo migliore le darebbero una nomination all’Oscar.
The Hunt: la recensione del thriller scritto da Damon Lindelof
Arriva direttamente in streaming l'horror prodotto da Jason Blum e scritto da Damon Lidelof, una bomba di adrenalina che non rinuncia alla satira sociale
PANORAMICA | |
Regia (3.5) | |
Interpretazioni (3.5) | |
Sceneggiature (4) | |
Fotografia (2.5) | |
Montaggio (3.5) | |
Colonna sonora (2.5) | |
Sommario
Un thriller horror con un ritmo forsennato e uno script intelligente. La protagonista, Betty Gilpin, è strepitosa |
3.3 5
PUNTEGGIO TOTALE |