Il genere di film iraniano che non ci si aspetta: The Hunter di Raffi Pitts mostra provocatoriamente le disfunzioni istituzionali e la crisi politica di un paese ricco di contraddizioni. Ma soprattutto si distanzia dall’estetica naturalistica e dai ritmi contemplativi comunemente associati al cinema iraniano (vedasi Kiarostami e Panahi) a favore di una rigorosa messa in scena da thriller.
Al centro delle vicende c’è Ali, un uomo silenzioso e appassionato di caccia, che ha trovato la tranquillità familiare dopo un passato oscuro che lo ha visto finire anche in carcere per ragioni poco chiare. Durante una manifestazione, finita con un conflitto a fuoco tra dissidenti e polizia, gli viene uccisa la moglie, cui segue la scomparsa della figlia. La disperazione di Ali non trova risposte e si scontra con il disinteresse generale e il muro della burocrazia. Scoperta con certezza anche la morte della figlia, Ali impazzisce e diventa un personaggio altamente simbolico: una presenza spettrale che si aggira nel paesaggio mutevole dell’Iran contemporaneo, in bilico tra tradizione e modernità. La sua improvvisa vendetta ai danni di alcuni poliziotti trasforma il film in una ipnotica caccia all’uomo dai toni metafisici, in cui emergono gli echi di molto cinema americano degli anni ’70, tra tutti La caccia di Arthur Penn. Con un colpo di scena finale che sorprende e fa discutere, Pitts firma una graffiante istantanea del suo paese che ha fatto il tour dei festival internazionali e, una volta vista, non vuole saperne di uscire dalla testa.
Leggi la trama e guarda il trailer di The Hunter
Mi piace
La volontà di provocare una reazione nello spettatore senza dargli in cambio risposte precise
Non mi piace
Alcune eccessive insistenze utilizzate per fornire maggior risalto agli snodi principali della trama
Consigliato a chi
Ama un cinema politico ma privo di facile risposte e ha la pazienza di seguire il racconto senza farsi prendere dalla frenesia di svelare gli eventi
Voto
4/5