The Imitation Game: la recensione di Highlander86
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The Imitation Game: la recensione di Highlander86

The Imitation Game: la recensione di Highlander86

“Sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare.”

1939. Mentre il mondo cerca di assorbire il colpo della notizia dello scoppio di una guerra mondiale, il matematico e crittoanalista (e segretamente omosessuale) Alan Turing (Benedict Cumberbatch) viene assunto per lavorare presso la sede più importante dei servizi segreti britannici a Bletchley Park dove, insieme a un pugno di esperti che include anche Joan Clarke (Keira Knightley) una donna esperta in enigmistica, deve decifrare il codice segreto Enigma, usato dai nazisti per le loro comunicazioni militari. E’ l’inizio di un duro lavoro che durera’ fino alla fine della guerra ma che portera’ molti frutti, soprattutto l’invenzione del cervello elettronico “Christopher” per decifrare più in fretta i messaggi nemici e che sara’ l’antesignano del moderno computer. Ma proprio quando sta cominciando a diventare famoso a livello internazionale, nel 1952 Turing verra’ processato e condannato per aver violato una legge inglese che considerava l’omosessualita’ in quanto ritenuta una “pratica perversa”: caduto in disgrazia e costretto a subire un umiliante trattamento di castrazione chimica per non finire in prigione, Turing morira’ nel 1954, apparentemente suicida. Verra’ riabilitato definitivamente solo nel 2013.

Questo film, come dice lo stesso titolo, e’ contrassegnato da una narrazione basata sui sotterfugi, sugli enigmi da risolvere e sui codici segreti, tre aspetti che hanno caratterizzato la vita di Alan Turing fin dall’adolescenza, da quando faceva ricorso ai linguaggi in codice per comunicare il suo amore per uno dei suoi compagni di college fino a quando non fu arrestato per “atti osceni”, e che rendono appieno il senso della vita di questo personaggio cosi’ singolare, magnificamente interpretato da Benedict Cumberbatch: un individuo geniale ma anche tremendamente eccentrico, sensibile allo stremo e con una particolare tendenza ad allontanare le persone che gli stavano vicino. Alla fine il suo vero nemico non sono i nazisti ma proprio i suoi connazionali inglesi, poco propensi a riconoscere la sua genialita’ e i suoi bisogni, tremendamente gretti nel pretendere incondizionata obbedienza verso il convenzionale e l’ordine istituito e pronti a gettare ai lupi il genio che li ha fatto vincere la guerra solo per via della sua vita privata, allora considerata immorale. Non e’ un caso se l’unica persona ad essergli stata vicino anche dopo la condanna alla morte civile impostagli da una società cosi’ bigotta sia stata l’intraprendente Joan, decisa a ottenere l’apprezzamento sociale che merita ma perennemente sottovalutata per via del suo essere femminile, cosa che la rende una esclusa quasi quanto Turing.

Lo stesso protagonista, cosi’ goffo nel ruolo di 007 (ma di quello vero, che non ha nulla a che fare con James Bond) rimane spesso spiazzato dalle ambiguità e dai doppi segreti che lo circondano e che sembrano incarnati dal personaggio del suo superiore Stewart Menzies (Mark Strong) il quale e’ pronto a ricorrere a ogni possibile trucchetto pur di vincere la guerra e, allo stesso tempo, di gestire al meglio le informazioni ottenute grazie a Turing e compagni con un occhio rivolto gia’ al dopoguerra; alla fine lo spettatore e’ costretto a riconoscere che la guerra dell’Inghilterra contro Hitler aveva poco o nulla a che fare con la liberta’ e l’uguaglianza, basti guardare al personaggio di Menzies e specialmente all’ingiustizia inflitta a Turing nel finale.

“The imitation game” segue lo stile filmico di un recente modo di fare cinema (e anche televisione) e a una struttura narrativa e a una caratterizzazione dei personaggi che deve molto alla narrativa spionistica alla John Le Carre’ (si possono fare dei parallelismi fra questo film e “La spia che venne dal freddo” di Martin Ritt del 1965 o al più recente “La talpa” di Tomas Alfredson e con gli stessi Cumberbatch e Strong fra gli interpreti). La narrazione e’ volutamente non lineare ma scorre attraverso tre binari convergenti verso il triste finale: si va dal 1927, quando il protagonista trascorreva la sua adolescenza al college, agli anni della guerra quando lavorava presso il centro di Bletchley Park, fino all’interrogatorio dopo il suo arresto nel 1952, momento in cui racconta a un attonito poliziotto le vicende di quel particolare momento della sua vita, quello di decifratore di messaggi segreti, di cui non avrebbe dovuto parlare con nessuno. Tre fili rossi che rappresentano la summa della vita di Alan Turing, genio incompreso e incapace di comprendere cio’ che andava oltre i suoi calcoli matematici, costretto a vivere la sua omosessualità in segreto e talmente preso dal proprio genio e dal suo lavoro da rimanere un escluso a vita, al punto che perfino l’amica Joan arrivera’ a definirlo “un mostro”; paradossalmente gli unici rapporti affettivi che il protagonista riesce ad avere sono quello con il compagno di college Christopher e con la macchina decifratrice che realizzera’ da adulto e chiamata appunto “Christopher” in memoria appunto del suo primo amore e che lui terra’ con se anche quando e’ caduto in disgrazia, una sorta di legame perpetuo verso colui che era stato il suo primo amore.

La regia di Morten Tyldum e la bravura dell’attore protagonista sono i principali punti di forza e fanno di “The imitation game” un valido candidato per la corsa agli Oscar. Di certo Cumberbatch merita la statuetta molto più di Bradley Cooper per la sua interpretazione di “American Sniper”, sarebbe un buon omaggio postumo al genio che ha contribuito a creare il computer e che ha aiutato gli Alleati a vincere la seconda guerra mondiale più di tanti virili eroi di guerra alla Chris Kyle (il personaggio di Cooper) le cui gesta sono state celebrate in decine di film e che sono passati a miglior vita con i petti pieni di medaglie e di riconoscimenti mentre Alan Turing ha ricevuto solo sputi e insulti fino ai giorni nostri. Più che un omaggio sarebbe una doverosa riparazione.

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