Tra American Sniper e The Imitation Game ho preferito dare una chance al film del regista norvegese Morten Tyldum e non mi sono affatto pentita.
Di norvegese, se così si può dire, ha ben poco perché The Imitation Game è un film puramente british e non solo per le ambientazioni. Non esente da critiche, The Imitation Game è a detta di molti il favorito nella corsa agli Oscar e il suo unico vero rivale pare essere La teoria del tutto.
Tra le critiche va per la maggiore quella che vuole The Imitation Game come un prodotto confezionato ad arte per piacere all’Academy e far vincere una statuetta a Benedict Cumberbatch. Sì, probabilmente è così, ma c’è modo e modo di fare un film che piace all’academy e Tyldum ha scelto il modo giusto! The Imitation Game è composto dalle giuste dosi di dramma, storia, ironia e sensiblità e per questo è un buon film a prescindere dal suo intento o no di conquistare i giurati.
Prendendo in prestito, a mio avviso, lo stile sobrio, pulito e misurato di uno dei migliori film inglesi degli ultimi anni, ovvero Il Discorso del Re, Tyldum fa luce sulla vita del matematico Alan Turing, magistralmente interpretato da Benedict Cumberbatch, vero perno di tutto il film, accompagnato da una buona (meglio del solito!) Keira Knightley.
La storia ripercorre le tappe fondamentali della sua breve vita, ma non in ordine cronologico, facendo in modo che sia lo stesso spettatore a ricostruire la vita di Turing, ma soprattutto a decidere chi sia Turing: un eroe, un genio o un incompreso? La parabola della sua vita si apre e si chiude nel 51, anno in cui il matematico venne arrestato per sodomia e costretto ad una terapia ormonale; Alan Turing non è un semplice professore, è un eroe di guerra, ma questo le autorità non lo sanno perché i suoi servizi alla corona inglese sono coperti dal segreto di stato.
Perché è un eroe? Perché soprattutto grazie a lui e alla sua squadra composta da linguisti, scacchisti e matematici è stato possibile decifrare i codici tedeschi della macchina ENIGMA, creando una macchina in grado di fare quello che gli uomini da soli non potevano fare. Christopher, questo il nome della macchina, ha permesso alle potenze dell’alleanza di portare a loro favore le sorti della guerra.
La parte più drammattica della vita del matematico, quella della sua omosessualità e del suicidio, viene trattata con estrema delicatezza.
Como ogni buon dramma che si rispetti le lacrime a fine visione sono garantite e Benedict Cumberbatch, noto quasi solo per Sherlock, si impone sulla scena e sono certa che lo vedremo sempre più spesso!
© RIPRODUZIONE RISERVATA