Edgar Allan Poe morì a quarant’anni, povero e alcolizzato, ma i suoi scritti vivranno per sempre: modello per generazioni di scrittori, hanno definito i canoni del giallo e del thriller. 66 racconti, 70 poesie e due romanzi: l’opera di Poe è uno scrigno prezioso da cui tutti, da H.P. Lovecraft al James Wan di Saw, hanno attinto. Il più grande mistero della sua vita, però, rimangono i suoi ultimi giorni, nei quali si chiuse in un ostinato mutismo che lo accompagnò fino alla morte, dopo che le autorità di Baltimore, Maryland, lo scoprirono a vagare per le strade della città in preda al delirio. Cosa vide Poe nella notte del 3 ottobre che lo portò alla follia?
A queste domande prova a rispondere The Raven di James McTeigue, che già si era distinto prima con lo stiloso manifesto politico di V per vendetta e poi con l’altrettanto stiloso bagno di sangue intitolato Ninja Assassin. Non siamo in ambito biopic, però: in quegli ultimi giorni è immaginato il coinvolgimento dello scrittore nel tentativo di cattura di un serial killer, il cui modus operandi riflette quello degli assassini più famosi dei racconti di Poe stesso. Quello che sembra solo un esercizio di enigmistica – a ogni cadavere corrisponde un indizio, lasciato a bella posta per stuzzicare lo scrittore – diventa un gioco ben più pericoloso quando agli omicidi si aggiunge un rapimento: quello di Emily, amata musa di Edgar Allan.
Con questi presupposti, The Raven oscilla tra il giallo a tinte gotiche che strizza l’occhio a La vera storia di Jack lo squartatore – From Hell (inclusa la violenza grafica e quasi fumettistica) e la bromance umoristica in stile Sherlock Holmes: Poe (interpretato da un John Cusack sopra le righe, che sul finale si lascia trascinare dai suoi stessi eccessi) è un violento e un alcolizzato, ma è anche un affabulatore e un maestro del linguaggio; quando deve passare ai fatti, poi, ha nel detective Fields (Luke Evans) una degna spalla in stile Watson. Rispetto ai film di Guy Ritchie, comunque, l’umorismo è meno presente: al suo posto una generale atmosfera di decadenza – anche spirituale – che accompagna i continui fallimenti della coppia, costretta a confrontarsi (finalmente) con un killer più scaltro di loro. Il gioco consiste quindi nel seguire Fields e Poe da una scena del crimine all’altra, scoprendo attraverso i loro occhi gli indizi disseminati dall’assassino – e cogliendo con un sorriso i riferimenti alle opere dello scrittore, se si è fan.
È proprio quest’insistenza sul citazionismo il punto debole del film: a chi non ha stampati in testa i vari Il pozzo e il pendolo e Il barile di Amontillado sembrerà di assistere a un gioco privato, un segreto divertissement a cui non si è stati invitati. Il secondo atto risulta così eccessivamente pesante, almeno finché la vita di Emily (la bellissima e inespressiva Alice Eve) non viene messa in pericolo: è qui che il film abbandona le ambizioni atmosferiche e si trasforma in una sequela confusa di sparatorie e inseguimenti in cunicoli. Poi, quando le cose cominciano a trascinarsi, si arriva al momento che conta di più in ogni giallo che si rispetti: il gran finale. Quello di The Raven – pur non inventando nulla che (ironia della sorte) non sia già stato raccontato da maestri dell’horror moderno come Stephen King – non delude, e anzi è probabilmente l’apice del film. Peccato solo che ci si arrivi zoppicando.
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Mi piace
L’idea di un giallo “alla Poe” in cui il protagonista è lo scrittore stesso è potente e funziona. John Cusack e Luke Evans forniscono interpretazioni brillanti, seppur con qualche eccesso.
Non mi piace
Non è facile cogliere ogni riferimento ai racconti di Poe, e si corre quindi il rischio di annoiarsi durante l’indagine. Le sequenze più action sono blande e confuse.
Consigliato a chi
Ai fan di Poe e dei thriller in costume.
Voto: 3/5
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