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The Shrouds: Cronenberg e il body horror dopo la morte. La recensione del film a Cannes 2024

Il nuovo lavoro del maestro canadese torna in concorso al festival a due anni da Crimes of the Future, affiancato da Vincent Cassel, Diane Kruger e Guy Pearce

The Shrouds: Cronenberg e il body horror dopo la morte. La recensione del film a Cannes 2024

Il nuovo lavoro del maestro canadese torna in concorso al festival a due anni da Crimes of the Future, affiancato da Vincent Cassel, Diane Kruger e Guy Pearce

The Shrouds David Cronenberg recensione
PANORAMICA
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L’approdo di David Cronenberg, regista dietro cult come Videodrome e La Mosca, al Festival di Cannes attrae sempre una notevole polarizzazione di opinioni su entrambi i fronti di critica e pubblico, specialmente in corrispondenza dei suoi film più recenti.

Il focus dell’autore canadese è rimasto sempre il corpo come luogo di negoziazione di rapporti di potere, funzioni e significati. Se nei decenni precedenti ha prediletto la flessibile etichetta dell’horror, in cui i topoi della mutazione e dell’ibridazione tra umano e materiale estraneo erano all’ordine del giorno, l’interesse si sposta sul terreno delle esasperazioni fantascientifiche di alcune desideri e bisogni della società odierna.

Il corpo rimane protagonista anche nei progetti post pandemia. In Crimes of the Future assume il ruolo di tela e laboratorio dove arte e innovazione scientifica si muovono di pari passo. Nel suo ultimo The Scrouds il dominio della carne è invece giunto al termine.

Ogni traccia o residuo corporeo è defunto, non approcciabile da ogni senso dei vivi se non dalla vista, che deve comunque confrontarsi con esso solo tramite immagini fredde, fornite dalla strumentazione di ricerca o da camere di sorveglianza, oppure da immagini calorose alterate dalle visioni dei personaggi.

Karsh (Vincent Cassel) diventa una perfetta riproduzione del proprio regista, rimodellato esternamente e internamente per incarnare il vissuto e lo stato attuale del protagonista. Questo alter ego, tormentato dalla morte della moglie Becca (Diane Kruger), inventore di una catena di cimiteri in grado di controllare, attraverso schermi interni alle lapidi, il deterioramento delle salme dei propri cari.

A questo incipit di matrice autobiografica (la moglie del regista, Carolyn Zeifman, è venuta a mancare sette anni fa) subentra il sentimento di paranoia del contemporaneo, tematica della narrativa post e meta-moderna che qui trova un’accezione strettamente attuale, tra corsa all’innovazione, fallibilità delle nuove tecnologie e scontro tra potenze mondiali avverse.

L’introduzione di tale deviazione dal più intimo preambolo può stranire e non risultare particolarmente coesa col suddetto, bensì consista nello stato emotivo che Cronenberg cerca di riprodurre nel suo spettatore.

In The Shrouds domina lo spaesamento, un vagare senza meta se non il termine di una spirale discendente che conduce all’inesorabile morte alla quale tutti i personaggi sembrano estremamente attratti, dal già citato Nash alla sorella gemella dell’ex moglie Terry (ancora Diane Kruger) e dal collega Maury (Guy Pearce).

La soluzione fornita dal regista risiede nel rifugiarsi nei piaceri temporanei della carne, regno della caducità ma anche del risveglio di demoni e teneri ricordi del passato.

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