Basato su una storia realmente accaduta, The Startup – Accendi il tuo futuro ha come protagonista il 18enne Matteo, che, esasperato dall’ultima ingiustizia subita, decide d’inventare un social network che fa incontrare in maniera innovativa domande e offerte di lavoro. La sua creazione diventa un successo e nel giro di poco il ragazzo acquista popolarità e soldi: il mondo del business, però, si rivelerà una vera giungla e ben presto Matteo sarà costretto a prendere delle decisioni molto importanti sulla propria vita.
Uno “Steve Jobs di borgata”: è così che Alessandro D’Alatri definisce il protagonista del suo ultimo film, prodotto anche da Luca Barbareschi. Un ragazzo come tanti che si ritrova tra le mani una patata bollente non da poco, diventando in prima linea artefice del proprio futuro, forte della possibilità concreta di incidere sul suo avvenire e su quello degli altri. Parla di una sfida generazionale forse vinta ma proprio per questo infiammabile e piuttosto rancorosa, The Startup, incentrato com’è su una sorta di Zuckeberg italiano, pur con delle ovvie differenze sociali e identitarie rispetto al creatore di Facebook. Per non parlare di quelle, ben più ovvie, di fatturato aziendale e risonanza mondiale, sebbene la vicenda abbia attirato l’attenzione della BBC e di altri media internazionali.
Matteo Achilli, fondatore di Egomnia, società operante nel settore dell’informatica, trova delle ostilità sul suo cammino, banche e politica in primo luogo, ma soprattutto non riesce, stando all’esito reale della startup, a incidere fino in fondo sulla vita delle persone mutandola radicalmente dall’interno esattamente come il suo “collega” americano. La sua vicenda ha comunque un valore esemplare, specie per il nostro paese, perché dimostra che il caso, l’irruenza e il talento, se debitamente dosati tra di loro, possono produrre idee di rottura capaci, in potenza, di cambiare il corso di una Storia alla quale un’intera generazione ha remissivamente piegato il capo, accettando di tutto.
D’Alatri racconta questa storia attraverso un cast di buoni e freschi giovani attori (Matilde Gioli, Andrea Arcangeli, Paola Calliari) e una confezione sgargiante e frenetica in grado di reggere, dal punto di vista visivo e comunicativo, l’orizzonte di un mercato il più internazionale possibile, oltre che la passione vorace e ossessionante del protagonista per la propria trovata e soprattutto per la sua realizzazione. Appare dunque esportabile non solo per il tipo di vicenda che narra ma anche per il modo in cui la mette in scena, The Startup, nel quale si respira a pieni polmoni l’esperienza del suo regista con gli spot televisivi e la pubblicità: un linguaggio che è sempre rimasto una sua preponderante cifra stilistica, pur nell’arco di una carriera eclettica e multiforme, eterogenea e alterna.
Anche il montaggio, piuttosto frenetico e segmentato, talvolta anche a vuoto e in maniera troppo insistita, intende replicare l’appeal dei prodotti statunitensi dedicati a storie e tematiche analoghe, sul cui andamento il film di D’Alatri si adagia in maniera smaliziata e consapevole, anche per quel che riguarda i singoli passaggi della narrazione. Una vicenda che si scandisce tra alleanze discutibili e amori molto diversi tra loro, tra tentazioni e ripiegamenti, cogliendo il cuore gelido e anaffettivo di questa vicenda alla The Social Network e adattandola all’antropologia italiana di oggi, fatta di futuri spezzati, cantilene lamentose, trappole risapute.
Mi piace: il taglio internazionale della vicenda, il suo valore esemplare
Non mi piace: i troppi tagli di montaggio che talvolta si fanno stucchevoli
Consigliato a: tutti i giovani dell’Italia di oggi
VOTO: 3/5
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