Un film che non decolla mai. Attraversato da un malessere persistente, da un tono che, a dispetto della colonna sonora, è monocorde. Complice una voice-over sussurrata dall’inizio alla fine. Una voice-over che si soggettivizza in continuazione passando da Lei a Lui al Figlio ma che appiattisce invece di scuotere personaggi e storia.
È senza dubbio una delizia per gli occhi, prodotto d’arte strettamente visuale, supportato da una fotografia superba ma prevaricante. Alla fine lo spettatore indugia sulle immagini a scapito dell’emozione. E resta solo un compiacimento visivo.
Come in molti hanno osservato: “è importante suggerire più che indicare”.
Ma in realtà qui Malick sembra indicare molto più di quanto non suggerisca, con un pizzico di tracotanza nella sua concezione gnostica del Tutto. Perché nell’affrontare temi universali (quali il fine ultimo, il mistero della vita, il Trascendente, ecc…) costruisce la sua opera attorno a un postulato, il dualismo dell’Essere. La Madre-Grazia che vive d’armonia, amore, leggerezza, empatia. E il Padre-Natura che domina con prepotenza ed inganno.
Innegabile punto a favore è il fatto che tale binomio non venga mai tratteggiato in modo manicheo: la virile Natura rivelerà tutte le sue debolezze (anche se purtroppo si tratta di debolezze dettate da vigliaccheria, incapacità e vergogna) e la maltrattata Grazia potrà riscattarsi, fondendosi alla Natura stessa, in un abbraccio finale conciliatore. Ovverosia, una parte che esiste grazie all’altra, l’Uno che si definisce in funzione dell’Altro.
A sostegno dell’intera narrazione concorrono dialoghi asciutti e laconici che però non riescono a condensare le varie sfumature, ad essere davvero pregnanti. La loro solenne scarnificazione genera un eco sentenzioso e pedante. Come nel caso di “Scusa, sei mio fratello. Mi fido di te”, oppure “Uomo stolto, non ho notato la magnificenza”. Con quest’ultima battuta, poi, il rischio banalizzazione è in agguato se si considera che una simile presa di coscienza da parte del padre avviene solo dopo la chiusura dello stabilimento in cui l’uomo lavora.
Certo, anche se la causa-effetto è tra le più inflazionate (apertura ai sommi valori quando il valore materiale decade) Malick ce la racconta con pretesa di misticismo e visionarietà. Però forse non basta.