Di una cosa si può essere certi, The Tree of Life è già nella storia del cinema. E non si parla del fatto che il suo “creatore” (lo “sterile” Terrence Malick) sia al 5 lungometraggio in carriera (iniziata nel lontano ’73) ma dell’essere d’innanzi ad un trattato su vita, morte e Dio talmente complesso e magnificamente rappresentato da lasciare stordito lo spettatore al termine dei 140 minuti (e si vorrebbe che ce ne fossero altrettanti in modo da spiegare in modo chiaro tutte le scatole cinesi incastrate durante la pellicola).
Da un punto di vista tecnico non si può non rimanerne affascinati, Malick si avvale di consulenze importanti (un “individuo” che fu tra gli artefici degli strepitosi effetti visivi di 2001:Odissea nello spazio) e di una fotografia mozzafiato confezionando un gioiello perfetto, un ingranaggio calibrato al millimetro che ha (forse) l’unica pecca nel mettere tanta (troppa?) carne al fuoco.
Le immagini utilizzate per rappresentare la creazione (secondo Malick e la Bibbia) sono un piacere per gli occhi, la colonna sonora che accompagna tutta la pellicola è emozionante ed in perfetta sincronia per ogni scena nella quale viene chiamata in causa; quando il regista, distaccandosi da tutto quanto è l’enorme potenza visiva della creazione (universo, sistema solare, terra, vita), inizia a narrarci la storia della famiglia O’Brian negli anni ’50 ecco che spicca lo sguardo macroscopico di Malick dove ogni scena, ogni stile registico adottato (bellissime le ombre al contrario dei bambini) è in perfetta sintonia con quanto viene raccontato.
La camera a mano del regista non è mai esagerata e diviene un occhio perfetto nella narrazione, il montaggio e le ottime interpretazioni del cast (un ottimo Pitt ed un Penn che, per quanto abbiamo veramente poche battute, è “enorme”) innalzano la pellicola alla “quasi” perfezione tecnica.
Ciò che diventa di complessa analisi in questa pellicola è il lato emozionale, il lato della comprensione e della reazione del e con il pubblico; ci si trova ad assistere ad un “non-film” uno spettacolo che emoziona e vuole (e ci riesce) porre lo spettatore davanti a delle importanti riflessioni su Dio e sulla religione, sull’ingiustizia della vita e su come “sopravvivere” nel mondo Amando e null’altro. Consiglio di lasciarsi travolgere, lasciarsi tirare dentro il film e viverlo, lasciarsi sconquassare e vederlo altre n volte per carpirne ogni minimo messaggio che sia palese o nascosto dietro una tenda in movimento, una sedia che si muove sola, una visione onirica del paradiso o, semplicemente, da un ponte solitario inquadrato (per la prima volta in modo statico) alla fine della pellicola.
The Tree of Life non è un film per tutti, proprio per niente, io dico che prima o poi bisogna vederlo, anche solo per odiarlo (perché no) ma merita la visione in quanto si assisterà ad una esperienza a suo modo unica e capace, in un modo o nell’altro, di farvi riflettere sulla vita e per come ognuno di noi la concepisce.
Bentornato Terrence.
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