The Wolf of Wall Street
di Martin Scorsese (2014)
Siamo a New York nel 1987 e Jordan Belfort è un giovane broker assetato di successo. Dopo un rapidissimo ingresso nell’alta finanza di Wall Street, Belfort decide di fondare la Stratton Oakmont, una delle prime agenzie di brokeraggio. Grazie a metodi decisamente anticonvenzionali e ad un’etica alquanto discutibile, i soldi non tardano ad arrivare e la vita di Belfort si trasforma presto in un baccanale in cui lusso frenato, sesso e tantissima droga ne costituiscono la routine quotidiana.
Un agente dell’FBI, convinto che dietro il trionfo del giovane broker si nascondano traffici illegali, avvierà delle indagini per porre fine all’impero creato dal lupo di Wall Street.
Martin Scorsese, qui alla sua quinta collaborazione con Leonardo DiCaprio, punta i riflettori sulla vita di un uomo realmente esistente: il film, infatti, è tratto dal libro autobiografico di Jordan Belfort, oggi cinquantaduenne.
Probabilmente uno dei film più attesi del 2014, The Wolf of Wall Street è puro delirio filmico della durata di ben 180 minuti, durante i quali si ha più volte l’impressione che manchi un equilibrio narrativo. Scelta consapevole di Scorsese, il quale vuole rappresentare la vita di Belfort nella maniera più realistica possibile, senza edulcorazioni. È con una serie d’inquadrature frenetiche, dal ritmo quasi ossessivo, che il regista presenta il mondo creato dal lupo di Wall Street. Un mondo grottesco, fatto di eccessi e perversioni continue.
Il vortice di depravazione e autodistruzione nel quale Belfort si immerge senza- quasi – mai annegare, è pura vertigine per lo spettatore, che rimane frastornato di fronte a uno scenario così paradossale.
Leonardo DiCaprio, il quale teneva moltissimo alla realizzazione di questo film, nel ruolo di Belfort è assolutamente perfetto. L’attore, per prepararsi alla parte, ha frequentato il “vero” Belfort per mesi, studiandone ogni piccolo dettaglio. Istrionico ai massimi livelli, regala diverse sequenza da antologia, calandosi con naturalezza in situazioni ai limiti dell’assurdo.
The Wolf of Wall Street è una black comedy, in cui le circostanze spesso patetiche nelle quali si muovono i protagonisti, suscitano nello spettatore il riso, piuttosto che la commiserazione. Ed è proprio la sapiente regia di Scorsese che riesce sempre a catturare gli spunti comici, anche in situazioni dove regnano la corruzione e l’immoralità. Caratteristica che ritroviamo spesso nel cinema del regista, basti pensare a Quei bravi ragazzi, forse il film che più si avvicina per argomento e tipologia di personaggi a The Wolf of Wall Street.
La sceneggiatura, basata sul romanzo di Belfort, riesce a costruire dialoghi spesso involontariamente divertenti, complice anche l’utilizzo parossistico da parte di tutti i personaggi della parola “fuck”, che nel film è stata conteggiata ben 567 volte, in tutte le sue varianti.
Impossibile non notare anche le citazioni wellessiane, vedi la festa in azienda con l’ingresso della banda e delle “ballerine”, che subito riporta alla mente le immagini di Quarto potere. Ma è anche in certe geometrie visive, con Belfort in posizione sempre dominante sugli altri personaggi, su di un palco e con il microfono in mano, che ritroviamo un Charles Foster Kane, decisamente rivisitato, ma non meno accattivante.
Jonah Hill, candidato insieme a DiCaprio ai prossimi Oscar, nel film interpreta il socio e amico di Belfort, mentre Matthew McConaughey è il mentore che inizia il giovane lupo al mondo dell’alta finanza. Una parte, quella di McConaughey, che può definirsi quasi un cameo, ma dove le eccellenti doti recitative dell’attore s’impongono con prepotenza in una scena che è già un cult.
Scorsese realizza un film in cui caos e sregolatezza sono alla base di un universo effimero e inconsistente. Tutti i soldi, le droghe e le perversioni che Belfort trascina con sé non sono altro che la raffigurazione della vacuità di un’epoca, in cui l’egoismo e la cupidigia si sono presi gioco dell’ingenuità e della speranza di moltissime persone. Non c’è una morale, tant’è vero che l’ascesa e la caduta di Jordan Belfort non vanno a coincidere con la sua redenzione.
The Wolf of Wall Street può essere considerato un film emblematico dei nostri tempi, in cui l’avidità dell’essere umano è rappresentata in tutta la sua meschina forza autodistruttiva, come una spirale che inghiotte qualsiasi cosa, senza essere mai sazia.