Era dai tempi di Dumbo che un film non mi sballava così tanto.
Droga, sesso, droga, droga, sesso, droga, sesso, sesso, droga, sesso, droga, sesso, droga e così via.
E’ questo che Martin Scorsese ci mostra per raccontarci la storia di eccessi, il delirio di onnipotenza e la depravazione di un uomo, Jordan Belfort, uno dei broker di maggiore successo nella storia di Wall Street, che attualmente ha ancora un debito di ben 110 milioni di dollari con gli Stati Uniti d’America.
Ma andiamo con ordine e facciamo un salto alla fine degli anni ’70. In quegli anni, il giovane Scorsese, dopo il pesante insuccesso di New York, New York, cadde hr_The_Wolf_of_Wall_Street_14pesantemente in depressione tanto da intraprendere una relazione piuttosto stabile con grandi quantità di droghe pesanti. Se non fosse stato per un tale Robert DeNiro che lo convinse a lasciar stare la cocaina e ad accettare la sceneggiatura di Toro Scatenato, probabilmente il regista italoamericano ci avrebbe già lasciato parecchi anni fa per overdose o comunque avrebbe chiuso prematuramente con il cinema e non sarebbe diventato uno dei più grandi registi della storia di Hollywood.
Questa premessa era indispensabile per capire come gli è stato possibile realizzare The Wolf of Wall Street e rappresentare un Jordan Belfort non come un personaggio completamente negativo come forse avrebbe meritato (anche se così sarebbe sembrato strano dato che il romanzo da cui è tratto il film è un’autobiografia del vero Belfort). Scorsese comunque è molto indulgente nei suoi confronti e sembra quasi che sotto sotto voglia spingerci un po’ ad essere come lui. Non dico che esalti l’uso di droghe ma sicuramente ci prova gusto nel mostrarne la dipendenza totale che ne hanno i personaggi protagonisti che sono appunto strafatti 24 ore su 24 perchè non possono sopportare in alcun modo la noia dell’essere sobri neanche per un minuto. Anche quando poi nel finale la giustizia trionfa e Belfort viene condannato, il tutto viene mostrato con poco entusiasmo, quasi come se ciò non fosse giusto perchè lui in realtà è un eroe, un mito, un sorta di Robin Hood moderno.
Il lupo di Wall Street, come viene soprannominato da Forbes, è la definizione più azzeccata possibile.
La sua Stratton Oakmont praticamente nasce per fare da tana al suo branco di lupi e presto riesce a decollare e a guadagnare sempre più soldi. Più vola in alto più sono folli le scene a cui si assiste nella sede della società. Come dicevo prima, sesso, droga, sesso, droga e via dicendo. Tutto mostrato come se niente fosse. Tutto profondamente maschilista: le donne sono quasi sempre mostrate come oggetto del desiderio, ma anche il «branco» è fatto per lo più di lupi maschi che devono «fottersi» tutti i clienti. Vince sempre il maschio che fotte di più, nel loro lavoro come nella vita quotidiana.
In sintesi, The Wolf of Wall Street è un film piuttosto diseducativo e immorale (e non ho citato il tiro a bersaglio con i nani…ops). Ma è anche per questo che è molto più attraente di alcuni lavori recenti di Scorsese (The Aviator è l’esempio più eclatante) dove era fortemente limitato dai produttori e da una certa ossessione nei confronti di quella maledetta statuetta d’oro, quell’Oscar che, con una carriera come la sua è riuscito ad ottenere solo nel 2007 con The Departed. Per quest’ultima fatica non c’erano limiti e Martin è stato libero di dire e fare quello che gli pareva. Lo si capisce un po’ anche dai numerosissimi corpi nudi che vengono mostrati una scena sì e l’altra pure.
Restando in tema Oscar, tra le 5 nomination ottenute (Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista, Miglior attore non protagonista e Miglior sceneggiatura non originale) l’unica che ha un briciolo di speranze in più rispetto alle altre è proprio quella per Leonardo Di Caprio. Leo è fenomenale come Jordan Belfort, credibilissimo e drogatissimo. Merita decisamente di vincere la statuetta (anche se ancora non ho visto Dallas Buyers Club) perchè la considero tra l’altro anche la sua interpretazione più matura, almeno per come la vedo io. E’ vero che avevo detto di tifare per Christian Bale (che comunque meriterebbe ma ha meno possibilità e poi ne ha già vinto uno…) e si sa che il favorito è Matthew McConaughey, ma adesso non posso che sperare che Leo si tolga finalmente questo grossissimo peso di dosso che oramai non gli dona proprio più e trionfi finalmente agli Academy Awards.
wolf-2I 180 minuti di durata sono sicuramente eccessivi e potevano essere ridotti. Però l’incredibile ritmo che Scorsese riesce a mantenere costante rende molto meno pesante la visione del film di quanto si possa temere all’inizio. Anche perchè in fin dei conti è davvero una commedia e si ride pure parecchio.
Tra le scene più memorabili e che diventeranno sicuramente un cult (SPOILER, saltate questa parte se non avete ancora visto il film), c’è il pranzo iniziale tra Di Caprio e Matthew McConaughey, il primo incontro di Belfort con l’agente Denham (quel Kyle Chandler che fa sempre il poliziotto e mi piace un sacco) sullo yacht, quando si passa da toni amichevoli e scherzosi ad un tensione palpabile in pochi secondi e con pochi sguardi, e infine l’esilarante, sconvolgente, incredibile scena di fattanza assoluta con Jordan e Donnie (ancora uno straordinario Jonah Hill) dopo che si sono riempiti lo stomaco con le leggendarie pillole Lemmon 714.
Non sarà un capolavoro assoluto, non piacerà a tutti, ma The Wolf of Wall Street in tutte le sue tre ore di durata è stata un’esperienza unica e difficilmente dimenticabile.
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