“Lasciate che vi dica una cosa. Non c’è nobiltà nella povertà. Sono stato un uomo povero, e sono stato un uomo ricco. E scelgo di essere ricco tutta la vita, dannazione!”
Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio) e’ un rampante broker di Wall Street, nevrotico e dedito alle droghe, che in breve tempo e partendo da un semplice impiego come impiegato di call center in una modesta azienda specializzata nella vendita di azioni, finisce col diventare un vero mostro dell’alta finanza: fonda una azienda di brokeraggio, la Stratton Oakmont, in collaborazione con il vicino di casa Donnie Azoff (Jonah Hill) e con una banda di truffatori medio-borghesi dal quoziente intellettivo non eccelso ma abilissimi negli imbrogli, e con il suo rampantismo aggressivo e autoritario riesce a mettere in piedi una colossale truffa ai danni di migliaia di ingenui consumatori ingannati dalla facciata di rispettabilita’ che questa azienda sembra garantire. In breve tempo i Jordan e i suoi complici diventano ricchissimi e cio’ permette loro di condurre una esistenza sregolata oltre ogni limite a base di sesso, ogni genere di droghe e divertimento a piu’ non posso. Nel frattempo Jordan divorzia dalla sua prima moglie, non piu’ disposta a sopportare lo stile di vita trasgressivo del marito (oltre ai suoi continui tradimenti), e si sposa con la bellissima Naomi Lapaglia (Margot Robbie), una donna che sembra corrispondere all’ideale di Jordan della donna perfetta per un appassionato dell’edonismo come lui mentre le agenzie federali cominciano ad indagare sui veri retroscena della Strattone sulla sospetta illegalita’ dei loro proventi.
Non e’ la prima volta che Martin Scorsese realizza un film dedicato a personaggi realmente esistiti che dopo aver raggiunto il successo nel corso di una vita contrassegnata da eccessi e depravazioni di ogni tipo, finiscono per perdere tutto o quasi e ritrovarsi in fondo alla scala dell’apprezzamento sociale a fare i conti su cio’ che erano e sono realmente; dopo Jake La Motta, Henry Hill, Sam Rothstein tocca a Jordan Belfort, un brillante uomo d’affari impegnato a sperimentare ogni limite umano che si conosca e disposto a spingersi ancora piu’ in la solo per sapere che cosa si prova, in questo aiutato dai suoi colleghi del crimine i quali prendono tutto come un gioco senza limiti e dove nessuno puo’ dire loro di smetterla. Attraverso le tribolazioni di questi bizzarri individui, Scorsese riesce a realizzare un ritratto al vetriolo del mondo dell’alta finanza e di Wall Street, un mondo dove conta solo chi riesce a guadagnare di piu’ a forza di raggiri e transazioni piu’ illegali che legali per poi spendere la fortuna cosi’ accumulata in una esistenza orgiastica a base di festini a base di droghe pesanti, orge con spogliarelliste, nani da circo e animali da fiera; un regno del vizio e del piacere fine a se stesso che infine rappresenta la droga vera, quella a cui non si riesce a rinunciare e di cui gli stupefacenti non ne sono che uno dei tratti caratteristici, tutto quanto ripreso in sequenze all’insegna del virtuosismo e modellate da un montaggio vorticoso ed eccitabile, come se la frenesia che guida le azioni dei protagonisti avesse finito per contagiare anche il regista e la sua troupe. Tra tutti spicca la recitazione di DiCaprio, il nuovo attore feticcio di Scorsese dopo Robert De Niro, il cui personaggio sembra il re di un mondo di animali predatori simbolizzati dalle immagini del toro, dell’orso (usate per indicare i diversi andamenti del mercato), del leone (dal logo della Stratton), della scimmia (la mascotte dell’azienda) e del lupo (dal soprannome che i giornali gli hanno affibbiato) e su cui domina dal tetto del suo yacht di lusso o dal suo ufficio di dirigente come un moderno Caligola; un personaggio per cui non sembra esistere redenzione, anche quando il suo impero finisce decide comunque di ricominciare perché non sopporta di essere uno “stronzo qualsiasi” di cui si rammaricava il personaggio di Henry Hill, con cui sembra essere imparentato. Verso i protagonisti non si riesce a provare empatia, eppure si puo’ percepire una vena di comicita’ nera nelle vicende raccontate nel film, per cui non si riesce nemmeno a disprezzarli malgrado la loro amoralita’ e mancanza di scrupoli: e’ il caso, per esempio, del personaggio di Donnie, interpretato da un Jonah Hill abilissimo nella parte del corrotto e pasticcione complice di Jordan. Chiunque cerchi una morale in questa storia perde solo il suo tempo, infatti Scorsese ha rinunciato a ogni tipo di filosofia moralista, discostandosi cosi’ dalle altre pellicole sull’argomento come “Wall Street” di Oliver Stone e “Capitalism, a love story” di Michael Moore, limitandosi a mostrare i personaggi in azione come a rappresentare una metafora per nulla rassicurante sul genere umano; alla fine si resta solo spiazzati di fronte a tanta mancanza di scrupoli e menefreghismo verso il prossimo da parte di uno dei personaggi piu’ conturbanti della storia di Hollywood ma forse piu’ realistici di tanti altri dal curriculum piu’ rassicurante e “politically correct”.