Cheyenne è una rockstar in pensione da più di 20 anni, un personaggio esteticamente “Burtoniano” che vive nel suo mondo privo di responsabilità e doveri. Nell’aspetto come nell’animo è rimasto un ragazzino legato all’immagine rokkettara da capellone dal ciuffo ribelle, ciuffo che che sposta sbuffando nelle situazioni delicate dove tocca essere uomo, quasi volendo inconsciamente abbandonare i panni da star e incominciare a crescere. Sposato con Jane (Frances McDormand)) delega a lei ogni responsabilità, dalla casa alla cura del cane ed è fin subito chiaro che è lei a portare i pantoloni e lui il rossetto. Cheyenne farà i conti con la vita intraprendendo un viaggio che lo porterà alla ricerca di una guardia nazista che tormentava suo padre ad Auschiwtz e trascinando se stesso e il suo trolley percorrerà un viaggio che lo condurrà alla maturità.
This must be the place si rivela un film profondo che tocca argomenti difficili e lo fa attraverso personaggi paradossali ed eccentrici al pari di Cheyenne anche se a differenza di questo non portano il trucco. Sorrentino ha creato nel protagonista una malinconia che resterà nel tempo legata a questo personaggio e che viene esaltata nelle scene dove quest’ultimo si trascina per le vie del quartiere, cosi come in quelle d’America, trainando il suo trolley che diviene la sua coperta di Linus.
Cheyenne (strepitoso Sean Penn) non vuole affrontare la vita ma ne percepisce la bellezza. Non vuole affrontare i problemi, neanche quelli degli altri che invece si sfogano con lui che spesso sbuffa per non sentirli, perfettamente in linea con la canzone che da il titolo al film dove i talking heads cantano “meno ne parliamo e meglio è, piedi per terra e testa per aria”.
Sicuramente c’è da dire che nonostante l’immaturità del protagonista egli rimane comunque un personaggio positivo che sa dare valore alle giuste cose e che accantona la sua paura per affrontare un viaggio che lo porterà alla salvezza e che placherà i suoi sensi di colpa perchè il dolore non è la destinazione finale.