Questa è la storia di un uomo. Di una maschera per meglio dire, come nella migliore tradizione di questo regista. Una maschera da popstar che, malgrado i bei tempi siano passati (lasciando anche un ottimo segno visto il suo tenore di vita)il suo possessore ancora non abbia voglia di togliersela. La sua vita scorre lenta, il suo atteggiamento è a metà fra un Forrest Gump (col quoziente intellettivo normale però)e un gatto sornione (fa finta di non capire ma è più intelligente di tanti altri)e con i problemi quotidiani di tutte le famiglie, perchè quest’uomo è anche sposato da diverso tempo, di questo mondo. Una moglie che cerca di spronarlo, una figlia che sta affrontando i problemi adolescenziali (e amorosi) e una madre che rifiuta di accettarlo per come è, ma lo rivorrebbe con sè perchè secondo lei se n’è andato e ancora non è tornato. Questo quadretto familiare viene ad un certo punto completamente stravolto, ed è a causa di un suo familiare (il padre)che sta morendo e per anni ha dato la caccia ad un criminale nazista. Quest’uomo non sà niente di ebrei (come lo era suo padre) di Shoah, di campi di sterminio, di orrori simili ma malgrado ciò, decide di mettersi al posto del genitore nella ricerca di questo criminale ormai dato per scomparso anche da chi per mestiere fà il cacciatore di criminali nazisti (memorabile il passaggio dove quest’uomo dice al cacciatore che il fatto che ci siano criminali nazisti di serie a e di serie b sia altrettanto razzista). Il suo viaggio è l’occasione per confrontarsi con altre persone, altre realtà, altre storie. E quest’uomo scopre che la sua vita, in fondo, non è stata tutta da buttare, che in fondo anche lui è stato un artista (e non una semplice popstar che prima o poi viene dimenticata)e ha lasciato, a modo suo, un segno. Lo scopre mentre suona un pezzo di Mick Jagger cantato da un bambino, e sopre anche se stesso quando alla fine (insieme al cacciatore di nazisti che nel frattempo lo ha raggiunto e si è unito con lui nella caccia)scoprendo, e stanando, il criminale non lo uccide (malgrado gli stia puntando la pistola in faccia e gli abbia appena detto ‘sai, mi spiace che mio padre sia morto prima di te’). Anzi lo fà vergognare come faceva la sua razza con gli ebrei, spogliandolo e facendolo camminare piano piano fuori dal suo nascondiglio (sotto gli occhi del cacciatore di nazisti). Piano piano, nudo e decrepito, come un verme ormai malandato, con le carni flaccide e incartapecorito dall’età e dalla colpa. Ora l’uomo ha capito, tutto, e può togliersi finalmente quella maschera. Crescere, diventare un padre di famiglia normale con problemi di famiglia normali, e andare a trovare finalmente sua madre con un bel sorriso sulle labbra.
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