Perchè Kenneth Branagh alla regia dell’ adattamento cinematografico di uno dei personaggi più rappresentativi della casa delle idee (dopo Spider-man,Iron-man e gli x-men)? quanti di noi si erano posti quest’ interrogativo a seguito della notizia che legittimava il regista di origini irlandesi come regista ufficiale al timone del lungometraggio del dio del tuono? Ebbene, a visione conclusa, tirate le somme, personalmente mi sono domandato: e se non l’ avesse diretto lui?
Lo stesso Branagh nelle fugaci interviste di pre-produzione dichiarava apertamente di essere stato lettore e fan delle avventure del dio nordico, ma, onestamente parlando, mai mi sarei aspettato una riproduzione così fedele rispetto al fumetto, e non sto parlando di trame e sottotrame, personaggi e vicende (che, per essere chiari, non sono poi così scostanti dalle storie di Stan Lee che introducevano il personaggio nell’ universo Marvel) ma mi riferisco a tutto ciò che è stato costruito intorno: Asgard! Mi sono domandato per anni quale aspetto avrebbe avuto sullo schermo, se sarebbe stata cos’ come Kirby la concepiva sulla carta oppure l’ ennesimo mondo digitale futuristico a cui le pellicole dei tempi recenti ci abituano; Invece no, come a voler dimostrare che in questo caso la fedeltà al fumetto è la cosa migliore, ci viene regalata una dimora degli dei tecnicamente mozzafiato in cui, ad ogni inquadratura, ho rivisto nella mia mente le tavole di Kirby prima e di Simonson, Deodato e Romita JR poi; di grande impatto visivo ed estremamente magnificente nella sua struttura caratterizzata da imponenti edifici dorati, a prima vista futuristici ma antichi al tempo stesso; il ponte dell’ arcobaleno, il mitico Bifrost, che da Asgard si estende sino al terminale dello spazio e del tempo, da cui Heimdall, il guardiano del ponte, sorveglia Asgard ed osserva l’ universo intero.
E poi c’è la storia, perchè, nonostante l’ imponenza delle scenografie e la perizia tecnica degli effetti visivi, ci deve sempre essere una vicenda che si porta a compimento per arrivare all’ epilogo; ed è in questo che entra in gioco il fattore Branagh: è la storia di due fratelli, apparentemente diversi non solo fisicamente ma anche caratterialmente, ed il loro percorso che li porterà ad essere l’ ideale che icarneranno nelle successive loro gesta: Thor, che potremmo definire il più emotivo, sprezzante del pericolo, orgoglioso per natura ed ansioso di succedere al padre alla guida del regno degli dei, convinto che attraverso la battaglia e la vittoria ci si conquisti il rispetto e la fiducia; dall’ altra Loki, il fratello schivo e riflessivo, che potremmo definire introverso, quasi codardo, le cui scelte che compie però, a differenza di quelle del fratello, a prima vista appaiono ponderate e inevitabili; parallelamente i due compiranno azioni che delineeranno la loro personalità e li plasmeranno in ciò che tutt’ ora nelle pagine dei fumetti rappresentano: lealtà ed altruismo renderanno Thor l’ eroe degli eroi, il potere inarrestabile al servizio dei più deboli, mentre cospirazioni, menzogne e tradimenti faranno di Loki il dio dell’ inganno, l’ essere subdolo che manipola gli altri per compiere il suo volere. In mezzo a tutto questo, va riconosciuto, scene di grande potenza visiva, fra tutte l’ incontro/scontro tra il dio del tuono con i giganti del ghiaccio del reame di Jotunheimr e lo scontro nel New Mexico con il distruttore, fino ad arrivare alla risoluzione finale col fratello sul ponte Bifrost in cui Thor compirà una scelta di responsabilità, a scapito delle sue motivazioni personali, come del resto vuole la tradizione dei personaggi di casa marvel che di questo slogan ne ha fatto marchio di fabbrica indelebile.
Poche, davvero poche a mio giudizio le cose imprecise o incoerenti in questo lungometraggio, ho storto un po’ il naso sulla professione di Jane Foster, che da infermiera-segretaria dello studio medico del dottor Don Blake (l’alter ego mortale di Thor nelle prime storie del personaggio, tra l’ altro tornato in auge grazie ai recenti attori nelle storie moderne successive alla saga del Ragnarok) viene promossa scienziata fisico-quantistica, e nonostante l’ ottimo impiego del distruttore (teorica arma definitiva di Asgard la cui potenza è seconda solo a quella di Odino) anzichè dagli un controllo remoto attraverso lo scettro di Odino, si poteva considerare l’ opzione del controllo per mezzo di un’ anima posta al suo interno, come da copione fumettistico (però poi, effettivamente, per la sceneggiatura sarebbero sorti problemi di di arbitrarietà e giudizio sul controllo dell’ alrma).
Tanta era l’attesa (almeno per me) e tanta la soddisfazione, fiducia ampiamente ripagata, un film che sa parlare e si rivolge nel modo giusto allo spettatore, che sia o no fan del fumetto.
Unica pecca? il 3D…