Nel sempre più smisurato e articolato Marvel Cinematic Universe continuano a sbarcare personaggi nuovi, spesso addirittura con film stand alone , come nel caso dei già visti Ant-Man e Doctor Strange o i futuri Black Panther e Captain Marvel. Al centro però del grande successo di questa saga senza precedenti, rimangono ancora i personaggi “storici” ed iconici che si sono incontrati per la prima volta, nel lontano, ma non così tanto 2012, con “The Avengers” e che torneranno a riunirsi per la Infinity War la primavera prossima. Se Iron Man & soci hanno già avuto a loro disposizione ben tre film (più o meno) in solitaria e quindi tre archi narrativi ben delineati, con Thor: Ragnarok anche il Dio del Tuono completa la sua personalissima trilogia che però, rispetto agli altri film dei già citati colleghi e supereroi, sembra essere molto più incoerente e stramba. Nei contenuti ma soprattutto nei toni. Se il primo film aveva un vago sapore shakespeariano (non a caso alla regia c’era l’esperto Kenneth Branagh), il secondo (e deludente) Thor: The Dark World mostrava una cupezza che raramente ci era capitato di scorgere nei film Marvel. Con questo terzo capitolo invece siamo più dalle parti del divertimento e della spensieratezza dei Guardiani della Galassia: colori sgargianti, colonna sonora rock (soprattutto Immigrant Song dei Led Zeppelin, usata in più occasioni), personaggi buffi e divertenti e tante tantissime battute. D’altronde la presenza dietro la macchina da presa di un regista come il neozelandese Taika Waititi, da recuperare assolutamente due gioielli di comicità da lui firmati quali What We Do in the Shadows e Flight of the Conchords, lasciava intendere questo voler cercare soprattutto le risate più che le emozioni o quella sensazione di epicità presente in gran parte degli altri film Marvel, ma forse mai come questa volta il giusto equilibrio non è stato trovato. Visto dal punto di vista della commedia pura o dell’intrattenimento per giovanissimi questo Thor: Ragnarok non è un brutto film, affatto. Diverte, intrattiene e mostra al pubblico aspetti inusuali di molti degli eroi (e antieroi, vista la presenza di Loki) che finora abbiamo celebrato per la loro forza e per il loro coraggio. Ridendo di loro, e non più solo con loro, ce li fa diventare forse più simpatici e familiari. Il problema però è che crea situazioni atipiche per ciascuno di loro – Thor senza martello, Loki costretto a mettere da parte la sua ambizione, Hulk che prende il sopravvento su Bruce Banner, le quali sono anche potenzialmente molto drammatiche, ma le tramuta quasi esclusivamente in gag senza mai andare in profondità. E non andare a incidere e capire cosa questi cambiamenti possano significare per dei personaggi così importanti, non solo è un difetto ma anche un’incoerenza per quello che significano per l’intero MCU. Se un personaggio come quello di Thor è sempre stato caratterizzato da una forte ironia, diverso è il discorso per il dualismo Hulk/Banner. In questo film Hulk parla, dialoga ed ha una sua personalità ma, come già detto, anche qui quasi tutto è sfruttato sempre e solo per strappare una risata. Avendo conosciuto il bestione verde nei due film di Whedon precedenti, non si può che pensare a una sorta d’involuzione per un personaggio che riusciva a essere spaventoso ma anche tragico proprio per la sua imprevedibilità. L’Hulk che vediamo qui lottare come gladiatore incute timore per pochi minuti, per poi diventare poco più che una spalla comica e un’arma potentissima ma controllabile. Sarà questo il destino di questi personaggi anche nei prossimi film? Spero vivamente di no. Hulk a parte, questo terzo film su Thor soffre comunque di questo suo voler essere troppe cose insieme e a soffrirne è soprattutto la parte più epica che però, paradossalmente, poteva e doveva essere la più affascinante. La storia del Ragnarok, la battaglia finale tra bene e male nella mitologia norrena, pur dando il titolo al film qui è poco più che una scusa, ed anche la dea della morte Hela, pur potendo contare su un’interprete del calibro di Cate Blanchett, non buca lo schermo quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. Per l’attrice premio Oscar, e probabilmente una delle migliori in assoluto sulla piazza, sembra davvero un’occasione sprecata. Alla fine a brillare sono come sempre i soliti: il Loki di Tom Hiddleston, qui forse meno ambiguo ma senza perdere nulla del suo carisma, ed un Anthony Hopkins che alterna momenti intensi ad alcuni molto più leggeri ma irresistibili, aiutato anche all’inizio del film da un cameo eccellente e sorprendente che prediligo non svelare. Sempre a proposito di leggerezza non si può non citare Jeff Goldblum ormai destinato a recitare in parti sempre più bizzarre ma con cui si trova perfettamente a suo agio: il suo Gran Maestro è eccessivo e caricaturale come richiesto dalla parte, ma assolutamente delizioso. Più prevedibili e standard le interpretazioni prevalentemente fisiche dei guerrieri: Chris Hemsworth, Idris Elba e la new entry Tessa Thompsonnon eccellono, ma dimostrano ancora una volta di essere sufficientemente sexy e carismatici da poter gestire i loro ruoli anche in un film dallo script così sbilanciato e problematico. La speranza è che si possa fare molto meglio già dalla prossima occasione, quando l’arrivo di Thanos sulla Terra lascerà meno spazio alle risate e imporrà una maggiore serietà. Perché è vero che la Marvel sul suo tono lieve ha impostato gran parte del suo successo, ma con questo Thor Ragnarok ha probabilmente esagerato.
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