Ti stimo fratello: la recensione di Silvia Urban
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Ti stimo fratello: la recensione di Silvia Urban

Ti stimo fratello: la recensione di Silvia Urban

«Cosa ti aspettavi?», si dirà, quando ingiustamente questo film incasserà i milioni che è destinato a incassare. Del resto, il protagonista è il comico più amato dai social network (sono oltre un milione e mezzo i suoi fan su facebook). E non esiste altra ragione per cui si debba fare un film su Jonny Groove, se non quella di cavalcare un fenomeno che potrebbe fruttare parecchio a livello economico, investendo su un personaggio che già viene etichettato come l’erede di Checco Zalone.
«Cosa ti aspettavi?», si dirà, quando giustamente questo film incasserà le critiche che è destinato a incassare. Perché, in realtà, qualcosa da Ti stimo fratello ce lo si aspettava.

Più risate.
Mai si ride di gusto, e le gag che riescono a strappare un lieve sorriso si contano sulle dita di una mano (di cui almeno un paio riguardano l’infanzia di Jonny, con dei baby attori impegnati a vestirne i panni). Un difetto troppo grave per un film che viene venduto come comico.

Più qualità, a livello di sceneggiatura e regia.
È vero che la forza del personaggio sta nella sua demenzialità, ma questo non giustifica l’inconsistenza dei dialoghi e la banalità delle battute. Anche perché la povertà della scrittura finisce per “indebolire” colui che dovrebbe risultare l’alter ego intelligente di Jonny Groove, il fratello gemello Giovanni, rendendo molto meno efficace il contrasto tra i due. Anche laddove la sceneggiatura tenta di inserire qualche sfumatura più drammatica (vedi le offese che Giovanni rivolge a Jonny), ci pensano un «Con te non parlo, sono offeso» e un «Dai, fratello, facciamo pace» a ricordarci quale sia il tenore del film. Così come l’uso del ralenti per dare forma ai pensieri, la scelta di certe inquadrature e la discontinuità del montaggio sono una palese testimonianza dell’inesperienza tecnica di Giovanni Vernia e Paolo Uzzi, per la prima volta dietro una macchina da presa.

Più spessore nella caratterizzazione dei personaggi.
Volutamente portata all’estremo, la recitazione rende i protagonisti vere e proprie macchiette, quasi una caricatura di se stessi, e nel complesso risulta stucchevole. Attorno al superficiale e stupido Jonny, e al fratello gemello Giovanni, più intelligente ma non meno ingenuo, ruotano una fidanzata isterica, un papà finanziere che ha “comprato la carriera dei figli” al prezzo di qualche orologio d’oro (rigorosamente falso), una zia oppressiva, uno zio assente e dormiente, un capo evasore fiscale (lo interpreta Bebo Storti), una giovane donna che odia gli uomini ma si innamora proprio di Jonny, una collega che porta ancora i codini ma sa fare anche da mentore (a modo suo), un gestore di discoteche furbo e maneggione, che fiuta l’affare. E tre drag queen, a completare il cast.

Più sorpresa.
Ogni comico ha un suo tormentone e uno stile che lo rendono riconoscibile al pubblico. Ma soprattutto da un film dedicato ci si aspetta qualche novità, qualche battuta nuova, qualche “rivelazione”. È stato lo stesso Giovanni Vernia a dichiarare che l’intenzione di Ti stimo fratello era quella di far conoscere al pubblico qualcosa in più di Jonny, far luce sul suo passato, spiegare da dove sia nata la sua ossessione per la musica, dare una ragione alla sua stupidità, quasi alienazione, e mostrare per contrasto come suo fratello Giovanni abbia tutt’altro tipo di personalità. Il film non risolve né esaurisce nessuno di questi obiettivi. Eccetto la sequenza in cui un distratto infermiere lascia cadere le cuffie del suo walkman nella culla di Jonny (il che dovrebbe giustificare la sua passione per l’house), la pellicola procede per déjà vu. Gag già viste, battute più che prevedibili, la solita mimica facciale che nei 4 minuti sul palco di Zelig possono anche far ridere, ma non reggono i 90 minuti del film.

Più realismo.
È chiaro che da un prodotto come Ti stimo fratello non ci si aspetta una trama avvincente, ma nemmeno una rappresentazione della realtà così surreale, dove neppure le vicende di “contorno” risultano credibili. Una scelta che “appiattisce” ulteriormente il film. Il mondo che circonda Jonny sembra quasi sintonizzato sulle sue bizzarre frequenze, tanto che la stravaganza del personaggio non viene esaltata come dovrebbe.
Apprezzabile, invece, la rappresentazione “pulita” della discoteca, decritta non come luogo di perdizione ma di divertimento, dove a un superalcolico si preferisce la gazzosa.
Ecco, di positivo c’è che almeno Jonny Groove non fuma, non beve e non dice parolacce.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La scena in cui un baby e buffo Jonny Groove rimane incantato da Tony Manero, lo elegge a suo idolo e cerca di imitarne le mosse.La rappresentazione pulita della discoteca, senza riferimento ai luoghi comuni di perdizione.

Non mi piace
Tutto il resto.

Consigliato (solo) a chi
Trova irresistibile la comicità di Giovanni Vernia/Jonny Groove.

Voto
1/5

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