To Rome with Love, siamo pronti a scommetterlo, scalerà il box office italiano e scandalizzerà una buona fetta della critica: sembra fatto apposta. È una commedia a episodi intrecciati, in cui Woody Allen inserisce la stessa percentuale di stereotipi culturali un po’ datati che aveva già usato per Barcellona e Parigi negli ultimi anni. Quel che cambia è la sua attitudine, qui più popolare e meno introversa, che gli è senz’altro derivata dal contesto, dall’oggetto delle sue attenzioni, magari semplicemente dall’umore. Non cambia invece la qualità delle battute, né la voglia di dedicarsi ad allegorie e simbolismi ambiziosi e privi di travestimenti, che è esattamente la stessa di Midnight in Paris.
Il film è diviso in quattro storie, montate in modo alternato. Storie che meritano di essere ripensate e giudicate separatamente, come separatamente sono state girate e – supponiamo – scritte.
Il primo episodio, è anche il migliore del quartetto: una coppia di coniugi newyorkesi (lo stesso Allen e Judy Davis) – lui imprenditore musicale, lei analista – viaggia fino a Roma per incontrare il fidanzato italiano della figlia (Flavio Parenti e Alison Pill), e scopre che il suocero (Fabio Armillato) è un tenore naturale di straordinario talento, ma solo quando canta sotto la doccia. Urge trovare una soluzione scenica che lo valorizzi.
Dialoghi d.o.c., il piacere di ritrovare Allen in veste d’attore e un’idea che ha i caratteri del genio: semplice e fulminante.
Il secondo episodio, quello strettamente hollywoodiano, è il più solido, ma anche il più convenzionale. Un importante architetto in viaggio di piacere (Alec Baldwin), torna nella città dove visse a lungo da giovane e riconosce un alter ego di se stesso con trent’anni di meno, in uno studente americano (Jesse Eisenberg) che vive a Trastevere con la fidanzata (Greta Gerwig). Quando a far visita alla coppia arriva un’attricetta vanitosa e mezza ninfomane (Ellen Page, bravissima), l’uomo si trasforma in una specie di grillo parlante, presenza fantasmatica che fa da coscienza critica e controcanto all’ingenuità del ragazzo.
Il racconto regge, si sorride, ma manca un’intuizione veramente brillante.
Il terzo episodio è il più surreale – quasi pirandelliano – e al contempo il più esplicito: la fama, oggi, è pura emanazione del caso, un parto incontrollato e incontrollabile dell’umore dei tempi. Non sono i protagonisti ad importare, né ciò che fanno o dicono, ma il tempo che durano. Il tutto messo in scena nella città dei Paparazzi, senza lesinare su obbiettivi e microfoni invadenti. Al centro di tutto, il timido impiegato Leopoldo (Roberto Benigni) che, per nessuna ragione, diventa improvvisamente una star – con tutti i vantaggi e svantaggi della situazione – e altrettanto improvvisamente torna nell’anonimato. Il segmento vale e vive per le straordinarie doti mimiche del suo protagonista, che si dimostra una volta di più un talento sublime, da cinema muto.
Il quarto episodio, quasi completamente affidato ad attori italiani (più Penelope Cruz, che comunque recita nella nostra lingua) è il più cinefilo, e anche quello maggiormente destinato ad omaggiare la città. Racconta di una coppia di neo sposini di Pordenone (Alessandra Mastronardi e Alessandro Tiberi), che vanno a Roma in viaggio di lavoro ma finiscono per perdersi. Distanti per 24 ore, tradiscono se stessi e il partner, ma poi si ritrovano più sereni e consapevoli. Qui Allen perde completamente il controllo della situazione, smarrendosi tra i fantasmi del cinema italiano, e si vivono momenti di sereno imbarazzo, fino all’insensato epilogo con Riccardo Scamarcio.
Nota finale: il lavoro di Gullotta su Woody Allen funziona e non fa rimpiangere la voce di Lionello, ma il doppiaggio – nel complesso – è una Caporetto. Che senso abbia doppiare un film che nasce per oltre metà recitato in italiano, e che negli stessi Stati Uniti sarà in buona parte sottotitolato, è un mistero.
Leggi la trama e guarda il trailer di To Rome with Love
Mi piace
L’episodio con Woody Allen: dialoghi perfetti e un’idea semplice e folgorante
Non mi piace
L’episodio degli sposini: sciocco e scentrato
Consigliato a chi
A chi non si scandalizza di fronte a qualche stereotipo
Voto: 3/5 (Episodio 1: 5/5; Episodio 2: 3/5; Episodio 3: 4/5; Episodio 4: 1/5)
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