Tolo Tolo, Checco Zalone critica l’Italia di oggi. La recensione
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Tolo Tolo, Checco Zalone critica l’Italia di oggi. La recensione

Il comico pugliese esordisce dietro la macchina presa con un ritratto amaro e divertente della società italiana odierna

Tolo Tolo, Checco Zalone critica l’Italia di oggi. La recensione

Il comico pugliese esordisce dietro la macchina presa con un ritratto amaro e divertente della società italiana odierna

PANORAMICA
Regia (3.5)
Interpretazioni (4)
Sceneggiatura (4)
Fotografia (3.5)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3.5)

Dieci anni fa cadeva dalle nubi, diretto dall’amico Gennaro Nunziante nella prima tappa di un percorso cinematografico che lo avrebbe trasformato in uno dei pesi massimi del box office italiano, capace di sfiorare persino il record di Avatar con Quo vado?, uscito nel 2016. Parliamo di Checco Zalone, tornato in sala con Tolo Tolo, quinto lungometraggio di cui è protagonista e primo di cui firma anche la regia, mentre alla sceneggiatura ha collaborato Paolo Virzì. Un film per certi versi avvolto nel mistero, arrivato nelle sale senza una sinossi ufficiale e senza un trailer. Perché per attirare il pubblico basta lui, basta Checco, inteso sia come nome d’arte dell’attore-regista che come identificativo del personaggio all’interno del film.

Chi è, questa volta, Pierfrancesco “Checco” Zalone? È un imprenditore pugliese che tenta l’avventura del business a base di sushi, un’avventura che porta al pignoramento di tutte le proprietà di coloro che hanno avuto la malaugurata idea di collaborare con lui. E Checco? È fuggito in Africa, dove sogna di reinventarsi. Ma anche lì la situazione si fa instabile, e il nostro “eroe” decide di tornare in Italia. Solo che per farlo dovrà intraprendere il “grande viaggio” al fianco di un gruppo di migranti che sperano in una vita migliore in Europa.

Tolo Tolo è il frutto del lavoro di due personalità distinte: da un lato c’è Checco Zalone, la maschera comica e a tratti grottesca che da circa quindici anni incarna i difetti dell’italiano medio di oggi, tra luoghi comuni, frasi sgrammaticate e ignoranza (in questa sede la gag ricorrente principale è che l’amico africano di Checco, aspirante cineasta, ne sa più di lui sul grande cinema italiano e in generale su tutto); dall’altro c’è Luca Medici, il vero nome del comico barese, quello che appare nei titoli di testa come regista, co-sceneggiatore e autore delle musiche. Se è quindi palese il desiderio di continuare a divertire, è altrettanto evidente la voglia di andare oltre la semplice macchina a base di gag.

Le risate abbondano, come sempre, e anche con un fare più ambizioso (basti pensare all’uso dell’animazione), ma sotto la scorza di trovate esilaranti e facce note che si prestano per apparizioni brevi ma efficaci (tra cui Enrico Mentana e Nichi Vendola) c’è un fondo di amarezza e malinconia che sottolinea la volontà di raccontare qualcosa di più. E così, abbinata alla gag del fascismo accostato alla candida, c’è anche un discorso più serio sulla questione dei migranti, che va ben oltre le semplici frecciatine nei confronti della retorica dei porti chiusi (il politico di turno, stando al regista, è un amalgama di Conte, Di Maio e Salvini).

Non sempre l’equilibrio Zalone-Medici è gestito al meglio, in particolare per quanto riguarda la sottotrama dedicata al personaggio femminile più importante, ma per quella che effettivamente è un’opera prima è innegabile l’ambizione, unita a un’intelligenza di non poco conto e a una grande energia comica. Da quel punto di vista, Checco è l’alter ego che il popolo italico merita, e anche quello di cui ha bisogno.

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