Tomorrowland - Il mondo di domani: la recensione di Mauro Lanari
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Tomorrowland – Il mondo di domani: la recensione di Mauro Lanari

Tomorrowland – Il mondo di domani: la recensione di Mauro Lanari

Tra Bird alla regia e Lindelof alla cosceneggiatura salta fuori quas’il peggio d’entrambi: uno spot alla sezione del parco a tema di Disneyland USA che porta il nome del film (Discoveryland per quanto riguarda la filiale europea a Parigi), e un plot incoerente, astruso, squinternato. Le spiegazioni non sono difficili per un bebé caro a Walt: sono illogiche per qualsiasi adulto. Quale motivo avrebbe spinto Laurie/House/Nix a distruggere la città del futuro ch’afferma d’amare più degl’esseri umani? Cosa vorrebb’indicare quel rimpallo alla “Matrix” sulle responsabilità umane (“Li stiamo condizionando noi, è una profezia autoavverantesi.” “No, gl’abbiamo prospettato lo scenario peggiore e hanno reagito accettandolo, sottoscrivendolo, ribaltandolo in giustificazione per i loro desideri più autodistruttivi”): quale fra le due? “Alia quaestio”: ormai i “teen movie” utopici o distopici sono giunt’alla produzione da catena di montaggio, e ciò si basa s’un equivoco grossolano; vero che l’adolescenza è contraddistinta anche dall’iniziare a porsi domande su valori, ideali e criteri circ’un mondo giusto o meno, però la riflessione soggettiva resta incomparabile con quella di portata universale, ch’a sua volta non ha molto da spartire col pensiero filosofico dedito all’assoluto. Il concetto d’utopia sarebbe corretto usarlo solo in quest’ultimo caso, e sinora pure la filosofia più recente ha fallito nel tracciare l’identikit d’un cosmo perfetto: “pars destruens” senza la “construens”, protesta senza proposta. Ergo, tornando a Bird, la fantasia che l’ha reso celebre si sarebbe comunque scontrata con ciò ch’a tutt’oggi è la nostra incapacità d’immaginare qualcosa di meglio privo d’effetti e danni collaterali peggiori. Sarebbe semplicistico ricondurr’il problema all’ottimismo idealista o al pessimismo realista del coltivare sogni oppure incubi. Disneyland a parte, ch’avrebbe Tomorrowland di concretamente utopico? In sostanza nulla, appena qualche gadget tecnoscientifico in più. Precisato quanto sopra, il lungometraggio si salva in corner e strappa la sufficienza grazie a un’emozionante caratterizzazione dei personaggi. Clooney che non gigioneggia e torna a recitare, l’antipatica Casey ch’alza la mano per opporsi alla presunta inesorabilità della deriva planetaria nell’indifferenza di coetanei e professori, Laurie in un ruolo che riesuma i fasti misantropi del suo noto dottore, Athena che vive il proprio intimo dissidio fra ciò che in lei è programmazione software e ciò che non lo è. 51% su RT: “Ambizioso e d’impatto visivo, ‘Tomorrowland’ è purtroppo appesantito da una narrazione irregolare.” Ho cercato di mostrare come il film sia, nei pregi e nei vizi, abbastanza più articolato.

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