“Trascendence” (id., 2014) è il primo lungometraggio del regista e direttore della fotografia di Chicago, Wally Pfister.
Non deve essere semplice e quindi automatico passare dietro la macchina da presa per un direttore della fotografia che ha partecipato a svariate pellicole in oltre venti anni di carriera per equilibrare colori, sfondi e traduzioni di interni ed esterni: è come scontrarsi con riferimenti di marca con in più un storia da spalmare bene (questa è sempre il presupposto) nelle immagini più o meno profonde sul grande schermo. E se la fotografia passa ad un altro niente di male (Jess Hall) se non fosse che il riferimento di scena di luci e ombre, colori e influssi quasi rubi il mestiere al più noto ‘mestierante’ con un tocco quasi personale che non si aggiunse sempre (o meglio saltuariamente) quello del regista (che di Nolan è stato direttore della fotografia fino all’altro ieri e che del regista di riferimento ha avuto un aiuto nella produzione).
E in un contesto di preparazione non semplice (con un cast perfezionatosi nel tempo delle riprese) il film propone un tema ‘modernista’ (e di corrente usuale oggi) su quello che concerne l’intelligenza artificiale e i risvolti ‘affettivi’ deturpati se non addirittura (completamente) modificati.
Il dottore Will Caster studia con passione e veemenza il campo artificiale dell’intelletto e vuole creare una macchina che unisca tutto il ‘sapere’ umano con la sua ‘coscienza’. Il lavoro da scienziato è interrotto con una morte ‘inaspettata’ ma la moglie Evelyn con l’aiuto dell’amico Max Waters non demorde e vuole continuare il suo studio comunicando con un computer -PINN- dove è stato ‘immesso’ il cervello pensante del marito. La struttura narrativa regge abbastanza bene per una metà circa poi tutto diventa farraginoso, slegato e con finale (di troppo) aggiustato e mai semplificato per chi ama fin troppo il languore e un giusto bacio di riappacificazione prima di addormentarsi per cercare di morire (bene) mentre la trascendenza aspetta per insinuarsi in un mondo fin troppo acerbo (per cercare di comprender qualcosa del tutto).
Ciò che s’insinua è il pericolo di troppe cose da dire e di svilupparle arraffando e delineando schemi usuali, retrò e quanto meno non proprio originali: così il prodotto ben confezionato deborda in meccanismi limitanti e poco convincenti con incastri narrativi poco avveduti e alquanto lunghi nel film (centodiciannove minuti sono forse troppi e il montaggio non riesce ad eliminare il troppo e quello girato in seconda battuta).
I luoghi e gli ambienti ben scelti (tra il Nuovo Messico e la California le location) con degli interni di gran effetto visivo (il bianco abbagliante, gli offuscamenti metallici, i vapori grigi del cielo e i paesaggi vuoti e abbrumati) rendono la pellicola leggermente ‘addolcita’ (con un patinato di superficie) costruita con una tensione narrativa (contorta) che fa leva su lunghe riprese, cinepresa in avanti e musiche di rafforzamento intensivo di Mychael Danna (che agisce sulle corde dello spettatore più di quello che effettivamente accade). Lascia quindi qualche perplessità il gioco che si crea intorno al duo Will-Evelyn che ad ogni costo (e con risvolti pseudo-romantici) prosegue una strada contro altre aspettative di uomini più pratici. L’evoluzione ‘artificiale’ crea scompiglio e fa volare la ripresa in meccanismi di riferimento aggrovigliato e accattivante ma non riesce a coinvolgere pienamente con vuoti di attese e nulle note da diapason ammorbidito. E nulla conta che alcune scene sono da paragonare (a diversi registi e film svariati) con un’indice puntato allo schema ‘nolaniano’ del blockbuster ‘intelligente’ (nel senso del lavoro umano del cast) per accaparrare più schemi possibili (mescolamento e non personalizzazione del prodotto può essere una ‘pecca’ decisiva nel prosegui della carriera per un regista esordiente con esperienza alle spalle in altro campo). E si vedono ‘immagini’ di raccordo molto azzeccate su alcuni rovesciamenti interni-esterni non sempre ben congegnati: lo schermo di Will parlante e il silenzio del paesaggio con case che paiono piccoli birilli già caduti lasciano sempre il dubbio di una ‘trascendenza’ molto sagace, fortuita e adescata nel trambusto silenzio di un campo ‘artificiale’ che sembra lo specchio-vicino di un nemico acerrimo che si trova in galleria come talpa avveduta che non aspetta altro di ‘cannoneggiare’ il nuovo artificio moderno. La morte del mondo collegato (sempre e comunque) –eppure siamo vicini ma pur sempre distanti dal contatto artificiale di ‘Her’ di Spike Jonze che non trova meglio che l’amore irrisolto- non ha più coscienza di se e l’uomo vuole ardire a cercarla e tenerla in naftalina in un ‘dio’ che gestisce ogni cosa da una ‘macchina’ che ancora deve svilupparsi. E’ il solito scontro uomo-macchina corroborato da un effetto ‘shakespiriano’ sui due morenti che di destino in destino si ritrovano come una ‘Romeo e Juliet’ qualsiasi. Il bacio è d’obbligo (per chi l’aspettava trepidante).
Il cast pone una buona prova per la riuscita della pellicola ma chi ruba la scena tutti è Morgan Freeman (Joseph) che ad ogni entrata accende l’entusiasmo dello spettatore e ordinari ai suoi ‘attori’ vicini di giocarsi il ruolo fino e in fondo e di dare il meglio (se è possibile). E ogni sintonia di bufera dal cielo, dai lunghi spazi chiusi, dai paesaggi lugubremente colorati fino al sottopasso dei ‘cadaveri viventi’ arricchiscono la partecipazioni di molti visi e facce stralunate e incavate che sembrano uscire da un ‘incontro ravvicinato’ irrisolto. Rimangono veramente impressi e codificati nella sinergia di un’ambientazione con una forza ‘implosiva’ in ogni percorso da macchina da presa.
Johnny Depp (Will), Paul Bettany (Max) Rebecca Hall (Evelyn) è il trio che regge il film fino alla fine (nonostante rattoppi e qualche dubbio) con Freeman a fare da ‘paciere’ per il miglio arco del film. Scelte oculate degli ambienti. La regia di Wally Pfister appare non propria accorta per una maggiore compattezza del tutto e, soprattutto, per un prodotto più ‘personalizzato.
Voto: 6½.
Transcendence: la recensione di loland10
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