Se il cinema di M. Night Shyamalan ha conosciuto fin troppo bene in passato una parabola discendente in termini di box office e plauso critico, non si può negare di vivere nel pieno del suo Rinascimento. Cominciato con The Visit, di casa Blumhouse e dal budget estremamente ridotto, il regista ha ritrovato il successo al botteghino, non smettendo di causare divisioni, ma mantenendo salda l’attenzione sul suo operato.
L’autore, per molti un degno successore di Alfred Hitchcock e Steven Spielberg, pur senza ottenere consensi unanimi, si è imposto nell’immaginario collettivo per i suoi inconfondibili plot twist e per la compassione verso personaggi danneggiati, che sanno diventare superuomini tramite il loro dolore. Trap, a distanza di neanche due anni dall’ultimo film Bussano alla Porta, ristabilisce, come l’opera precedente, il canone di M. Night Shyamalan, in particolare dando al plot twist un ruolo inedito.
Cooper, un padre di famiglia con la figlia Riley (Ariel Donoghue), si ritrova in gabbia durante il concerto della popstar Lady Raven (Saleka) per via della cattura di un serial killer. Proprio lui stesso. In questo caso i trailer e l’intera campagna marketing hanno sovvertito le aspettative, rivelando fin da subito il colpo di scena principale del film e giocando immediatamente sull’ambivalenza del protagonista.
Josh Hartnett, al suo primo ruolo di spicco dopo anni, recepisce il concetto forte e chiaro. La sua performance alterna una spiazzante sincerità a un’esplosione grottesca, quasi comica nella sua essenza surreale, come se stesse andando a creando un personaggio avulso dall’universo narrativo circostante. Proprio in questo dissidio interiore tra uomo e mostro risiede il nucleo principale di Trap, riecheggiando la sua trilogia partita con Unbreakable: l’essere umano riesce ad accedere a una versione superiore a sé stessa attraverso le proprie fragilità e il dolore subito.
Al tempo stesso, Trap è un film sulla paternità, unica autentica fonte di gioia di Cooper, nonché pagina metatestuale di questo testo audiovisivo. Difatti il film nasce dal desiderio di M. Night Shyamalan di dare un palco alla figlia Saleka, (brava) interprete del prototipo taylorswiftiano Lady Raven. Contro la possibilità di Cooper di esprimere sé stesso come padre e come “artista”, una società dal controllo panottico, con occhi in ogni dispositivo di registrazione. Trap non è quindi un semplice thriller estivo usa e getta, ma una spassosissima e appassionante introspezione sull’animo umano e sull’essere genitore.
Foto: Warner Bros. Pictures, Blinding Edge Pictures
Leggi anche: Trap, M. Night Shyamalan spiega perché il colpo di scena viene già svelato nel trailer
© RIPRODUZIONE RISERVATA