Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la recensione di Mauro Lanari
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Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la recensione di Mauro Lanari

Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la recensione di Mauro Lanari

Polpett’avvelenate prodott’in serie. “Mississippi Burning” è del 1988 e già allora si cercavano “Le radici dell’odio” nel sud degli States, come se quella zona fosse rappresentativa del marcio universale. Già all’epoca s’assegnav’un ruolo di rilievo alla McDormand, che d’altronde 4 anni prima s’era sposata con Joel Coen, il più anziano dei due fratelli registi, e che sempre nel 1984 aveva recitato nel loro debutto cinematografico “Blood Simple – Sangue facile”, un’opera di “metafisica texana” dove però c’è più profondità nel disturbante sfavillio degl’insetti folgorati dalla zanzariera elettrica che nelle grandguignolesche e prepulp rese di conti a pistolettate. Location e mood sono poi stati riciclati in una sfilza di film e telefilm sin’al qui presente “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”. La magagna filosofica di tale categoria artistica è quella di ridurr’il “malum mundi” alla sfer’antropica, come se la natura ne foss’esente. Noir, “Fargo”, dark comedy, post-tarantinismo? Altri sintomi dello stess’errore.
PS: ulteriore qualunquismo. Una madre frigna poiché la figlia non è morta nel mod’auspicato dal proprio delirio d’onnipotenza.

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