Troppa grazia: la recensione di loland10
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Troppa grazia: la recensione di loland10

Troppa grazia: la recensione di loland10

“Troppa grazia” (2018) è il quinto lungometraggio del regista modenese Gianni Zanasi.
In un tempo gramo di cinema italiano modesto e rituale, copiaticcio e stantio arriva il film di Zanasi con una storia fuori dai canoni e qualche osanna di troppo ha fatto perdere le misure e il gusto di un film medio con buone riprese in ambienti corretti e spaziosi, colorati e assortiti.
Nella terra dei confini da mettere, nella terra di misurare e sfruttare, nella terra da costruire e da sfruttare arriva un segnale inaspettato, un’apparizione fuori regola e una norma che arriva da molto lontano.
Lucia (mai nome più indovinato) incredula e festosa, lavoratrice e pignola, concreta e viva, vede e pensa bene di non credere di aver visto, il volto e la forma di qualcosa di soprannaturale. Ma non è per tutti. E Lei detta alcune regole da seguire come costruire una ‘cappella’ nel luogo indicato. Altro che svendere per il mercato il terreno di bellezza-natura.
‘Ho visto la Madonna’ dice e racconta Lucia, una geometra con mille problemi, precisa, cavillosa e petulante. Sorridente in modo amaro, arrabbiata in modo dolce. Una donna che non ci sta mai, figurarsi, viene da dire, con qualcosa al di sopra di tutto, lei non credente e separata da tutti con il suo convivente già fuori casa dopo qualche minuto di film.
Una pellicola scombinata e varia, scherzosa e ardita, tesa e ariosa, quasi la festa ad uomo incapace di contenersi per ‘rubare’ ogni metro quadrato per edificare il suo mondo privato e venderlo al miglior offerente.
Alba Rohrwacher in un personaggio fuori dal giro e dai connotati semplicistici e rituali, invito ad un cinema sopra mai compiaciuto di ciò che è semplice e rituale. Con gli occhi sgranati e la figura lucida di uno sguardo tra scombinato w fuori moda, sghembo e ilare.
Elio Germano sembra oramai fare se stesso con compiacimento e scanzonata mediata recitazione. Effetto Servillo o effetto causa di un cinema che (si) ridisegna senza forzature.
Il contorno è suadente come il personaggio grassone in tutti i sensi di Paolo, magnanimo e pastone, irriverente e costruttore; l’Onda è il suo progetto ma l’avversaria è Lucia con l’incontro di cui dover tener conto. Un luogo sacro invece di un luogo laico. Ecco che l’apparizione sconvolgerà molti piani pre-costruiti.
Mentre Fabio, l’aiuto geometra, compiaciuto e quasi divertito in questo assurdo mistero. Una birra in due, uno seduto al tavolo e l’altro al banco. Non si vede nessuno altro. Asciuttezza surreale e favolistica. Quasi quasi arrivava la Madonna per un drink e farsi vedere agli increduli. Tra Fabio e Paolo solo uno sguardo senza capire le donne.
Alba Rohrwacher (Lucia): misto ironia e festosa, irriverente e polemica; vittiana forse misteriosa, occhi bulimici e sorriso accarezzato. Un’attrice che prova a ritagliarsi il suo e qui ci riesce benissimo nonostante storie non sempre raccontate bene.
Elio Germano (Arturo): entra in azione subito, esce e fuoriesce, arrabbiato e dolce, poco incisivo, fa il suo (sembra ….).
Giuseppe Battiston (Paolo): la sua presenza scenica si nota, ha un suo carisma, ironico e placido.
Daniele De Angelis (Fabio): una spalla utile, un aiutante di Lucia vispo e in forma, non male l’approccio quando entra in scena.
Hadas Yaron (Madonna): ragazza tra le nuvole, viso in natura, ornamenti semplici e modi non certo leggeri.
Regia di Zanasi ariosa e surreale, sorniona e efficace, semplice e lunare.
Voto: 6½/10 (***).

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