Tutta colpa di Freud: la recensione di Marita Toniolo
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Tutta colpa di Freud: la recensione di Marita Toniolo

Tutta colpa di Freud: la recensione di Marita Toniolo

Non tutte le ciambelle escono col buco. Nonostante le migliori intenzioni. È il giudizio che meglio si attaglia a Tutta colpa di Freud di Paolo Genovese, regista dall’alterna fortuna. Sintetizzando la carriera: grande exploit agli esordi in coppia con  Luca Miniero con Incantesimo napoletano, seguito poi dal pessimo Questa notte è ancora nostra (sempre con Miniero, che sta mietendo incassi strepitosi con Un boss in salotto), il cui pessimo ricordo venne poi oscurato dal divertente La banda dei Babbi Natale (il primo film girato senza il sodale) e quindi cancellato dal successo popolare del franchise Immaturi (1 e 2), avviando Genovese verso una gloriosa ascesa. Genovese è tra quelli in Italia che vorrebbe fare in Italia la commedia sofisticata sentimentale, à-la-Love Actually o ( 500) giorni insieme, ma – come dicevamo – non sempre i desiderata…

Anche in questo film, come nei precedenti due,  affronta il tema dell’immaturità emotiva, raccontando la storia di tre ragazze in cerca della realizzazione amorosa, nonostante una certa ostinazione nell’infilarsi in situazioni sbagliate. Una fa la bibliotecaria (Vittoria Puccini) e sogna di avere un amore alla Austen ma si ingarbuglia in liaison inesistenti, l’altra (Anna Foglietta) è una lesbica delusa dall’ultimo fallimento che vuole darsi all’amore etero e, infine, c’è la diciottenne innamorata del cinquantenne (Alessandro Gassman) che non riesce a lasciare la moglie (Claudia Gerini), che – guarda caso – è anche l’amore segreto del padre psicanalista (e divorziato) delle tre ragazze, alias Marco Giallini.

Il film nasce da un soggetto ideato da Leonardo Pieraccioni, che Genovese ha trasformato in sceneggiatura. Una collaborazione che già di per sé è garanzia di garbo e mancanza di volgarità nei dialoghi, ma che non trasforma Tutta colpa di Freud in una commedia riuscita.  Specie per quel voice over onnipresente, le situazioni (per quanto abbastanza adeguate alla contemporaneità) risultano sempre artificiose; i personaggi sono verosimili, ma mai veri; e ogni scena si chiude con una gag, un ammiccamento, una strizzatina d’occhio, come nelle sit-com americane, impedendo lo scatto del meccanismo empatico. La commedia non viene salvata neppure dalle battute, perché di veramente memorabili ce ne sono molto poche. Per non parlare del product placement apparentemente velato di un negozio di arredamento low cost, che cita apertamente (500) giorni insieme, dove però la scena folgorante ambientata all’Ikea durava giusto qualche secondo, mentre qui vi si consuma tutta la storia d’amore tra la diciottenne e il cinquantenne (con  un meccanismo simile a quello che in Immaturi Genovese aveva utilizzato per una nota marca di zuppe già pronte).

Un vero peccato, perché le carte in regola ci sarebbero state tutte. Soprattutto il cast, formato da attori bravi e affascinanti (su tutti Giallini, sempre bravo ad adeguarsi a tutti i registri). Quando Genovese si sarà scrollato di dosso il suo background da regista di spot pubblicitari e sarà riuscito a insufflare autenticità alle proprie storie, potrà diventare una sorta di Jason Reitman (Young Adult) all’italiana, per la freschezza delle sue proposte, ma anche per la regia e la fotografia così poco italiane, capaci di creare una Roma irriconoscibile, affascinante e lontana dagli usuali cliché. Per ora, prendendo spunto da se stesso, gli consigliamo di ripetere la maturità.

Leggi la trama e guarda il film

Mi piace: la fotografia e la regia, così poco italiane. Il cast tutto in parte, specie il sempre più affascinante Giallini
Non mi piace:  l’artificiosità delle situazioni e l’ammiccamento costante
Consigliato a chi:  
non ama la solita commedia italiana

VOTO: 2/5

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