«Philippe affronta delle tematiche sociali parlando al cuore invece che alla testa. E quando tocca il cuore, affonda». Non esistono parole migliori di quelle usate da Vincent Lindon per descrivere il cinema di Philippe Lioret. Un cinema di denuncia, seppur velata, che non ha paura di parlare di immigrazione (Welcome) o degli escamotage illeciti usati dagli istituti di credito a danno dei propri clienti (Tutti i nostri desideri). Un cinema che trova la sua forza nella verità dei personaggi e nei legami che intessono, tanto inaspettati e travolgenti da aiutarli a superare loro stessi. Un cinema che con la sua delicatezza e la sua maniacale attenzione ai dettagli – specie a livello di sceneggiatura – coinvolge, commuove e appassiona.
Sembra quasi un ossimoro, ma Tutti i nostri desideri è un film che spezza il cuore e al contempo lo riempie. Ispirato al romanzo Vite che non sono la mia di Emmanuel Carrère (edito da Einaudi), racconta lo storia di Claire, giovane magistrato di Lione sposata e con due bambini, che un giorno si trova a risolvere il caso di Céline, la madre di una compagna di classe di sua figlia, “strozzata” dal sovraindebitamento. Per riuscire a salvarla, decide di chiedere consiglio e aiuto al collega Stéphane, con il quale inizia una vera e propria battaglia legale contro le derive del credito al consumo. Alla quale si aggiunge un altro tipo di lotta, quella al tumore che lascia a Claire pochi mesi di vita.
Così come per Welcome, Philippe Lioret torna ad affrontare un’importante tematica sociale attraverso il racconto di storie individuali. E, pur non perdendo mai di vista la vicenda giudiziaria, lascia che sia l’incontro tra Claire e Stéphane e l’evoluzione del loro legame a guidare la storia. Ciò che colpisce di questo film è proprio l’umanità che viene conferita ai due protagonisti, apparentemente due paladini della giustizia combattivi e incrollabili, in realtà due persone fragili e bisognose l’una dell’altro. Ciò che li lega è un sentimento ineffabile, che non è né amicizia né amore. Mai incorre nel tradimento dei rispettivi partner, eppure raggiunge un’intimità profonda ed esclusiva.
Con lo stesso equilibrio e la stessa attenzione Lioret disegna anche i co-protagonisti: Céline, una donna disperata ma umile, che rifiuta qualsiasi tipo di elemosina ma accoglie la solidarietà e l’aiuto di Claire; e Christophe, il marito di Claire, la cui tolleranza e generosità potrebbero facilmente essere scambiate per debolezza. Ed è la verità dei personaggi e l’immedesimazione che ciascuno, a suo modo, provoca nello spettatore a coinvolgere e tenere col fiato sospeso fino alla fine.
Tutti i nostri desideri è un film calibratissimo e molto composto, che non esplode in scene forti e memorabili, ma dove l’amore che pervade l’intera pellicola passa attraverso gli sguardi e i piccoli gesti. Quasi a dire che la società progredisce non grazie persone straordinarie ma a uomini e donne capaci di volersi bene – in senso letterale – e desiderare insieme.
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Mi piace
Il rapporto esclusivo e ineffabile che lega Claire e Stéphane e il modo delicato con cui Lioret lo racconta, dando umanità a due personaggi che avrebbero potuto assomigliare a dei “supereroi”
Non mi piace
Chi non ha dimestichezza con il linguaggio economico-giuridico potrebbe perdersi tra istituti di credito, tassi d’interesse, insolvenze e sovraindebitamenti, non riuscendo a cogliere e seguire tutti i dettagli della vicenda legale
Consigliato a chi
Ha amato Welcome e non disprezza il cinema sociale, specie quello capace di appassionare e coinvolgere grazie alla forza dei personaggi e non solo per via delle tematiche affrontate
Voto
4/5