L’America ha un’altra faccia: quella lontana dalle luci sfavillante e sfarzose di Hollywood, dei centri finanziari e delle città brulicanti di workers della middle class, delle feste e dell’ American dream. L’America di Winter’s Bone è fredda e non solo perchè collocata nel gelido ( da qui il richiamo al titolo italiano ) altopiano d’Orzak,è distaccata, ostile e chiusa nel suo retrogado status quo. L’ odissea della giovane Ree è l’odissea di una società rurale retta da regole e comportamenti primitivi, fondata sul principio di omertà e su un classismo interno in cui i più deboli soccombono e i più forti controllano l’ assetto sociale ed economico di una piccola comunità di montagna.Tutto comincia quando il padre della diciasettenne Ree scompare misteriosamente lasciando dietro di sè una scomoda ipoteca e tante domande che cercano disperatamente delle risposte, risposte che Ree dovrà assolutamente trovare abbattendo il muro di silenzio eretto persino da coloro che credeva essere parte della propria famiglia. la ricerca della verità porterà lentamente Ree ad una ricerca ben più impegnativa, ossia quella della propria identità, tra violenza, scoperte sconcertanti ed inevitabilmente del vedersela con il proprio passato. Il viaggio di Ree diventa così una metafora sul cuore pulsante di un Paese che deve ancora fare i conti con i propri spettri e le proprie paure e che s’interroga sul proprio presente e sul proprio futuro 8non a caso in una scena fondamentale del film Ree tenta di arruolarsi nell’esercito); in questo senso la regista nonchè sceneggiatrice Debra Granik traccia un profilo spietato e doloroso di un declino culturale che segna non solo la coscienza di una realtà fondamentalmente democratica e libera ma anche dei suoi abitanti, resi schiavi da una mentalità di indifferenza ed intolleranza. Il film in questo senso è più violento di uno schiaffo al volto e di un colpo al cuore perchè ci ricorda che dovremo sempre fare i conti con noi stessi e con la realtà che ci circonda, fredda e spietata quanto le montagne che circondano e proteggono i segreti della comunità. Fotografato sempre da una luce quasi spettrale dai contorni chiaroscuri il film scivola mano a mano sempre di più nell’abisso fino ad un finale straziante e fortissimo in cui alcune delle verità verranno finalmente a galla evitando così di risultare falsamente consolatorio e retorico. Da menzionare oltre alla strepitosa prova di Jennifer Lawrence nel ruolo di Ree anche l’intenso e misurato John Hawkes che interpreta con sensibilità ed emotività un personaggio dilaniato dal senso di colpa e dalle proprie responsabilità, prima ancora che di padre, fratello o zio, di uomo.
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