Accomodatevi, sedetevi, rilassate l’anima e preparatevi ad un film secco e lacerante come una lama. Un capolavoro, nel suo genere, uno dei migliori visti quest’anno, meritatamente vincente a Torino, al Sundance e con quattro nominations agli ultimi Oscar. Un gelido inverno (Winter’s Bone), diretto dalla brava Debra Granik e interpretato dalla favolosa Jennifer Lawrence, narra di una moderna Alice, diciassettenne, in un paese privo di meraviglie che vaga fra i boschi innevati del Missouri in cerca del padre dipendente dalle metanfetamine, mentre prova a tenere in piedi una famiglia sfasciata e sfugge ai montanari selvaggi (ricordate Un tranquillo week end di paura?). Decadente, coraggioso, indipendente, non lascia scampo ne speranza. Un’odissea gelida nell’America rurale, girato con pochi soldi, poche musiche, poche cineprese, ma tanto cuore, ed il risultato è uno schiaffo freddo alla coscienza. La scena dove viene scuoiato lo scoiattolo e la ruvida metafora di ciò che il film fa alla nostra anima. Senza consolazione, senza speranza, in barba delle giovani starlette, tutte lustrini, amicizie politiche, regalini e festicciole, che intasano tristemente gli italici notiziari. Un gelido inverno dovrebbe essere proiettato nelle scuole superiori, iniettando una dose di pungente realtà nei nostri giovani inebetiti dal mondo finto che i mass media gli propinano. Anzi, dovremmo guardarlo tutti, per ricordarci che non sempre girare la testa dall’altra parte è la soluzione migliore. Film nero, avvolgente, memorabile. Da vedere. (scritto anche su Cinematra)
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