Incontrare un “perfetto gentiluomo” nel 21esimo secolo non è cosa semplice. Proprio per questo motivo trovarsi a tu per tu con giovanotti come Louis Ives (Paul Dano) non può che suscitare una certa dose di stupore. Perchè Louis vive sì nel 21esimo secolo, ma tutta la sua persona, i suoi modi e l’atteggiamento sembrano piuttosto quelli di un personaggio uscito da un libro di Henry James o F. S. Fitzgerald. Un pesce fuor d’acqua, insomma, che immagina di sentire l’eco delle sue quotidiane gesta narrate da una voce fuori campo proprio come in un romanzo dei suoi autori prediletti. Se già questo basterebbe a renderlo un personaggio curioso, il fatto che egli sia anche un professore di letteratura inglese segretamente attratto dal travestitismo (e con una sorta di trasgressiva inclinazione sessuale) lo trasforma in un elemento assolutamente bizzarro. Nel film tutto il divertimento nasce quando sulla sua strada Louis incontra una serie di personaggi ancor più strampalati di lui, a partire dal signor Henry Harrison (Kevin Kline) con cui si troverà a condividere uno scalcinato appartamento dell’Upper East Side di New York. Giunto nella Grande Mela “in cerca di se stesso” Louis troverà una sorta di perfetta e variegata tribù metropolitana nella quale si sentirà finalmente a proprio agio. Il signor Harrison è un uomo sulla sessantina, che non si vergogna di sbandierare le sue convinzioni politicamente scorrette (“alle donne non dovrebbe esser permesso studiare”, “la raccolta differenziata è un’idiozia!”), con un misterioso passato da commediografo e attore che si mantiene svolgendo il ruolo di extra-man, ovvero accompagnatore (e non chiamatelo gigolò!) di anziane signore sole e danarose dalle quali scrocca cene in ristoranti di classe, ospitalità nelle loro lussuose dimore e quant’altro possibile. Un’attività che suscita grande fascino agli occhi del giovane Louis che prenderà ad affiancarlo nelle sue donchisciottesche avventure. L’effetto comico generato dall’interazione tra questi due personaggi è di quelli rari e che valgono tutto un film. Il merito è della penna di Jonathan Ames, autore del romanzo semi-autobiografico The Extra Man da cui è tratto il film, della coppia di registi indipendenti Robert Pulcini e Shari Springer Berman e soprattutto dei due interpreti protagonisti (a proposito: c’è anche Katie Holmes nel ruolo di una collega ambientalista di Louis, ma il suo personaggio e la sua interpretazione sono così piatti che quasi ce ne si dimentica). Attorno a loro gravitano una serie di personaggi altrettanto ben tratteggiati come il barbuto e taciturno Gershon (John C. Reilly), vicino di casa dei due, meccanico per hobby e con un aspetto tanto distante dalla sua indole da risultare davvero irresistibile. Ben scritti e interpretati anche i ruoli delle anziane signore dell’entourage mondano di Henry, affidati a veterane star di Broadway come Marian Seldes e Lynn Cohen, così come quello della “rivale” di Henry la signora Lagerfeld, interpretata dall’attrice teatrale Celia Weston. Un film sull’amicizia, sulla ricerca di sè, la cui vera forza sta tutta nel saper raccontare con sensibilità e dissacrante brio tutta la buffa stramberia venata di profonda tristezza dei suoi personaggi.
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Mi piace
L’atmosfera senza tempo della storia. Il perfetto equilibrio di ilarità e tristezza che convivono nei protagonisti.
Non mi piace
Il personaggio di Katie Holmes è così inspido che alla fine del film a stento ci si ricorda che ci fosse anche lei.
Consigliato a chi
Ama farsi sorprendere dal cinema indipendente americano.
Voto: 4/5
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