Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza: la recensione di polebest11
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Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza: la recensione di polebest11

Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza: la recensione di polebest11

Se con “Die wand” , il film austriaco di Julian Pölsler ci trovavamo di fronte ad un romanzo a cui erano stati aggiunte immagini e voce narrante per renderlo pellicola, con “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza” sia per il titolo sia per scelte di regia siamo invece dinanzi ad un film che è un quadro in (lento) movimento. Romanzo fatto film nel primo caso, quadro divenuto lungometraggio il secondo. E la struttura, la staticità del quadro, i simbolismi che ogni dipinto hanno, nel film di Roy Andersson si notano eccome.
A cominciare appunto dal titolo che si ispira all’opera “ Cacciatori nella neve” di Pieter Bruegel il Vecchio, per poi continuare con altri particolari.

Un dipinto può essere visto come un puzzle,un insieme di pezzi uniti tra loro, la stessa cosa che accade in questo film : ci sono tante storie, 39 per l’esattezza, dopo le prime tre che sono “Tre incontri con la morte”, tutte slegate completamente dal punto di vista dei fatti narrati ma tenute insieme da un unico filo conduttore : due buffi, impacciati, e molto pallidi (cosa comune a qualsiasi attore della pellicola) venditori di “oggetti divertenti” da utilizzare alle feste.
Dal punto di vista della trama il film è tutto qua, perchè non c’è bisogno di raccontare il nucleo delle sottostorie del lungometraggio, o toglieremo la maggior parte dell’aspettativa o della curiosità verso l’opera. Ed allora possiamo analizzare quelli che sono i messaggi e gli altri elementi del film di Andersson.
Innanzi tutto i racconti didascalici hanno come tema comune quello di una voglia di vivere ed entusiasmo molto tendente allo zero. I movimenti degli attori sono rallentati, la loro carnagione è quasi bianca, quasi cadaverica, sembrano quasi degli zombie, in una pellicola e non ha i “non morti” come protagonisti ma che in un certo senso ne ricicla ottimamente il tema centrale : le persone non hanno vitalità, sono per la maggior parte anziane, e sono come “morte dentro”, quindi a loro modo, zombie.
Molti di loro nelle varie situazioni grottesche ed ironiche che si susseguono nel film non sanno neanche perchè e per come siano li, embrano proprio fuori luogo, quasi a voler ancora di più marcare quel senso di vuoto e di spaesamento che colpisce al giorno d’oggi una buona fetta della civiltà contemporanea.
Per ognuna delle storie abbiamo un unico piano sequenza che la fa da padrone, il che ci da un forte richiamo a quel senso di distacco del regista, e di noi spettatori da quello che sta succedendo che richiama anche il personaggio del titolo, quei piccioni che spesso e volentieri ci vedono districarci in una vita frenetica guardandoci dall’alto con un aria saccente quasi completamente spoglia di qualsiasi emozione.
Un senso di confusione ed isolamento dell’umanità raccontata dal regista con attori / attrici dall’aspetto cadaverico che non si sorprendono quasi per nulla di fronte alle bizzarre situazioni che capitano durante il film ( c’è anche un cavallo che entra in un bar come fosse un cliente abituale), aiutati come detto in precedenza da un unico piano sequenza per ogni storia del film e da colori freddi e monocromatici per quanto riguarda la sceneggiatura e la fotografia.

Un film che con la sua malinconica ironia strizza l’occhio e ad alcune pellicole di Luiis Bunuel e al teatro dell’assurdo di Beckett, atto finale di una trilogia di lungometraggi cominciata con altre due opere del regista svedese, “Canzoni del secondo piano” (vincitore a Cannes 2000 del premio della giuria) e “You, the living “ del 2007.
Un film che presentandoci una realtà umana molto “ingrigita” , vecchia, spaesata e spenta, e che ha nella vendita porta a porta uno dei suoi (deboli) ultimi punti di forza ci fa comunque divertire e sorridere (un po’ amaramente), soprattutto in quei momenti in cui la morte la fa da padrona (la scena nella nave è veramente fantastica).

Il film ha vinto il Leone d’Oro all’ultima mostra d’arte Cinematografica di Venezia del 2014.

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