In originale si chiamava The Guard. Ed era forse dalla leggendaria traduzione italiana Non drammatizziamo… è solo questione di corna per Domicile conjugal di Truffaut che un titolo nostrano non era così scentrato e forviante. Il superfluo appellativo “da Happy Hour” vorrebbe infatti colorare di una patina cinepanettonara un film che è in realtà una commedia poliziottesca con un’anima decisamente scorretta, una predilezione per il grottesco e un certo umorismo nero. Senza tralasciare il fatto che siamo in un’Irlanda dimenticata e un po’ selvaggia dove si parla quasi solo gaelico, si beve Guinness a colazione e dove, insomma, l’happy hour è una realtà sconosciuta…
Titolo a parte, è proprio l’ambientazione irlandese uno degli aspetti più interessanti e riusciti di questo film firmato dallo sceneggiatore John Michael McDonagh che è stato anche premiato all’ultimo Festival di Berlino e al Sundance. Tra i paesaggi piovosi e brulli della costa ovest in pieno Connemara, il regista dipinge il suo «Wild West» – come lui stesso l’ha definito – evitando un’estetica da cartolina (le famose scogliere di Moher s’intravedono forse una sola volta e in lontananza) ma restituendo la natura selvatica di questa terra e dei suoi abitanti. E qui arriviamo all’altro punto di forza della pellicola: il personaggio del sergente Gerry Boyle. Irrispettoso, burbero, senza freni nel palesare il suo razzismo “genuino” («sono irlandese e il razzismo fa parte della mia cultura») o nell’infastidire deliberatamente le persone, questo poliziotto è tanto odioso quanto irresistibile. Proprio in questa contraddizione risiede la forza della sceneggiatura, perché il sergente Gerry Boyle, al di là dei modi scorbutici e sboccati e di una deontologia professionale tutta sua (vedi il vizio di ingoiarsi gli acidi requisiti quando si trova servizio…) è, alla fine, un uomo generoso e geniale nel suo lavoro. Irlandese rude e verace, vincitore di un oro olimpico (a quanto dice lui…), ci troviamo di fronte a un personaggio quasi surreale, ironico ma anche malinconico. Un personaggio certo ben scritto ma anche e soprattutto magistralmente interpretato da Brendan Gleeson (il Professor Mad-Eye Moody nel settimo episodio di Harry Potter). E sostenuto, come vuole la tradizione dei buddy movie, da quella spalla perfetta e compassata che è l’agente dell’FBI sperduto in terra d’Irlanda Wendell Everett (Don Cheadle).
Certo, forse la forte caratterizzazione irlandese, pur essendo molto attenta a non cadere nello stereotipo, costruisce dei personaggi-macchiette un po’ eccessivi e il cinismo del film risulta a volte più programmatico che calzante, ma Un poliziotto da Happy Hour è alla fine una commedia originale, scanzonata, che non si prende troppo sul serio. E tutto sommato anche abbastanza sovversiva.
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Mi piace
L’interpretazione di Brendan Gleeson e la rappresentazione di un’Irlanda selvaggia poco vista al cinema.
Non mi piace
Il lato scorretto, sboccato e cinico perseguito quasi in ogni inquadratura risulta in diversi passaggi più programmatico che calzante.
Consigliato a chi
A chi ama le commedie irriverenti, ad alto tasso alcolico e infarcite di battute scorrette.
Voto: 3/5
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