Una notte da leoni 3: la recensione di Gabriele Ferrari
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Una notte da leoni 3: la recensione di Gabriele Ferrari

Una notte da leoni 3: la recensione di Gabriele Ferrari

Al di là di opinioni e gusti personali, non si può negare a Una notte da leoni un ruolo da apripista nel panorama della commedia mainstream hollywoodiana; allo stesso modo, per quanto si possa aver apprezzato il sequel ambientato in Thailandia è innegabile che su Una notte da leoni 2 aleggiasse una certa aria stagna di riciclo di idee. Seguendo questa linea di pensiero, Una notte da leoni 3 merita elogi almeno per un dettaglio: abbandonata la struttura dei primi due film – addio al celibato, sbronza epocale, amnesia, ricostruzione degli eventi avvenuti la notte precedente –, l’ultimo capitolo della trilogia prova a fare qualcosa di nuovo, inscenando un thriller/action con toni da commedia che riesce miracolosamente a non sembrare fuori posto o forzato, ma anzi un naturale proseguimento e conclusione di quella che, a conti fatti, è la storia dell’amicizia tra tre (più uno) squinternati.

Esauriti gli elogi rimangono però le magagne. A fronte di un comparto tecnico impressionante (regia di lusso, fotografia iper-patinata, set costosissimi fatti a pezzi senza pietà) e di una scrittura costruita – in teoria – su continue sorprese e colpi di scena, è comunque difficile trattenere gli sbadigli per una storia tutto sommato poco interessante e funzionale solo ad accompagnare i tre leoni verso il lungo addio finale. Il problema principale di Una notte da leoni 3 sta lì dove sta anche la sua peculiarità: Todd Phillips non è un regista action né i tre (con l’eccezione di Bradley Cooper, che negli anni ha almeno imparato a fare la faccia da duro) sono adatti a gestire inseguimenti, sparatorie e furti in villa. Succede questo: mentre Al, Stu, Phil e Doug sono in viaggio verso un luogo che non specificheremo per non rovinarvi la sorpresa, vengono speronati da un camion e rapiti da un gruppo di criminali mascherati, capitanati da un annoiatissimo John Goodman. Scopriamo così che una serie di sfortunati eventi risalenti al tempo della prima gita a Las Vegas hanno scatenato le ire del criminale, che si è ritrovato con le tasche alleggerite di 42 milioni di dollari. A rubarli, ovviamente, è stato mister Chow (Ken Jeong), il buffo cinese del primo film che nel secondo capitolo salvava la baracca con qualche gag azzeccata. Si scatena la caccia all’uomo: Doug viene rapito dai criminali (ottimo modo per eliminare un’altra volta Justin Bartha dal film) e usato come pedina di scambio; sta agli altri tre recuperare Chow e i soldi, in cambio della vita dell’amico.

Seguono novanta minuti tra Tijuana, Los Angeles e Las Vegas, nei quali si uccidono galli da combattimento, si avvelenano cani, si distruggono suite d’albergo, si rubano lingotti d’oro. Tutto fin troppo scolastico, e in grado di annegare anche quelli che dovrebbero essere i valori aggiunti del film. Da un lato, le gag sono stantìe e inserite quasi a forza tra una scena d’azione e l’altra; dall’altro, la radicalizzazione dei rapporti tra personaggi, e in particolare il definitivo smarrimento della bussola da parte di Alan/Zach Galifianakis, smette di essere divertente per diventare irritante. Anche la scelta di chiudere diverse porte aperte nei primi due film (una su tutte: ritorna, con un cameo, Heather Graham) è più una distrazione che altro, un riempitivo tra una sequenza di “distruzione di cose” e l’altra.

Alla fine ci si porta a casa un paio di scene gustosamente sopra le righe (una festa a casa Chow, una sequenza che coinvolge un paracadute), una colonna sonora da urlo (si va dagli Hanson ai Nine Inch Nails ai Black Sabbath, ed è tutto sempre al posto giusto) e un finale che scalderà il cuore dei veri fan della saga e lascerà freddi gli altri. Onore al merito di Phillips e compagnia per aver tentato qualcosa di diverso, ma dopo questo terzo capitolo sospettiamo che il branco non ci mancherà poi troppo.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
Regia di classe, grande gusto per la messa in scena, colonna sonora da urlo: in superficie non c’è nulla che non vada nel film.

Non mi piace
Le gag spente, le scene d’azione senza ritmo, la generica sensazione di essere di fronte a un film-Frankenstein, un collage di anime differenti che non si incastrano mai.

Consigliato a chi
Ai fan della saga, naturalmente, che troveranno pane per i loro denti e che si godranno il finale.

Voto: 2/5

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