Deludente davvero. Ed e’ un peccato perché era lecito attendersi di più. Non tanto dalla Jolie, qui alla seconda prova da regista, che ce la mette tutta e tra alti e bassi tira a campare in un film che forse sarebbe stato forse più logico affidare a quella vecchia volpe di Clint. Ma a toppare stavolta sono i geniali fratelli Coen che riprendono il soggetto della storia dell’olimpionico Louis Zamperini e confezionano una sceneggiatura non al loro livello, stanca, monotona e a tratti di una noia mortale. Non c e niente della genialità degli autori di Fargo e Non è un paese per vecchi, mai un lampo di genio, mai una fiammata che faccio decollare un film monocorde che non cambia mai passo arenandosi in territori di assoluta piattezza. Peccato perché di per se il soggetto e la storia erano intriganti, il mezzofondista italo americano reduce dalle olimpiadi che si ritrova suo malgrado coinvolto nel conflitto mondiale. La sua resistenza, la sua voglia di lottare e di non mollare suscita ammirazione ma lo sviluppo dell’opera e’ da sbadigli. Come i 47 giorni di naufragio, lenti e sonnolenti che al confronto la lotta per la sopravvivenza in mare di Vita di P. era elettrizzante e sfavillante. Come anche il modo marginale e superficiale con il quale viene raccontata la sua esperienza di atleta olimpico, appena accennata a mo’ di scopiazzatura di “Momenti di gloria”, gettando via un occasione colossale, ovvero l’olimpiade del 36, quella di Berlino, quella organizzata dal terzo Reich, quella del nero Jesse Owens e del Führer con Loius protagonista nei 5000. Un sola sequenza di pochi secondi, Owens di spalle, un paio di bandiere naziste e il flashback se ne va via in dissolvenza ma un tale argomento meritava trattamento più dettagliato anche dal punto di vista di Zamperini. Invece poi inutilmente ci si dilunga in modo epocale sulla deportazione e reclusione nei campi di prigionia giapponesi, con un interminabile e fastidioso 1 vs 1 tra il nostro e il caporale giapponese Watanabe, in un alternanza noiosa di botte gratuite al prigioniero, di alzabandiera e di “non guadarmi negli occhi” . Per fortuna arriva la fine della guerra a chiudere il cerchio e a decretare l’happy ending in terra nipponica, in un finale liberatorio anche per lo spettatore sfinito dalla esasperata lentezza. Nota di merito per la stratosferica fotografia ( nominata agli Oscar ) dello straordinario Roger Deakis
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