Underworld: Blood Wars segue ancora una volta le vicende della guerriera vampira Selene (Kate Beckinsale), costretta a difendersi dai brutali attacchi che le vengono sferrati dal clan licantropo e dalla fazione di Vampiri che l’ha tradita. Con al fianco due soli alleati, David (Theo James) e suo padre Thomas (Charles Dance), deve porre fine alla eterna guerra fra Lycans e Vampiri, anche se questo significa per lei l’estremo sacrificio. I lupi mannari, guidati dal temibile Marius (Tobias Menzies) sono sulle sue tracce e vogliono il suo sangue, ma anche coloro che dovrebbero appoggiarla faticano a fidarsi di lei a causa di un tradimento passato compiuto dalla stessa Selene…
Una saga come quella di Underworld non ha mai smesso di ritagliarsi una propria personale fetta di fan duri e puri, vuoi per la sua natura da piacere proibito e inconfessabile, vuoi per la fusione dichiaratamente kitsch e di cattivo gusto di horror e fumetto, di gotico e fantasy. Un’alternanza scombinata ma sincera e forsennata, persino nelle cadute più vistose, che è ancora una volta il punto di maggior interesse di una soap opera tamarra, truce e dark, andata avanti accumulando svolte nella trama ormai prossime all’involuzione e oltretutto ricapitolate all’inizio del film, con un spiegone utilissimo per lo spettatore che fosse rimasto indietro o che semplicemente avesse dimenticato gli sviluppi dei capitoli passati (non sempre, a conti fatti, in grado di tatuarsi nella memoria).
La natura bidimensionale dell’operazione, iniziata addirittura nel 2003 da Len Wiseman e Kevin Grievioux e divenuta, a questo punto e all’alba del 2017, uno sceneggiato televisivo imbottito di steroidi e gonfiato per somigliare a un kolossal action, ritorna puntuale anche in quest’ultimo episodio, Blood Wars. Momentaneo epilogo, non certo definitivo, di una saga che prosegue imperterrita il proprio design all’insegna di cappotti di pelle, acuti heavy metal e scontri al fulmicotone tra la stirpe dei vampiri e quella dei licantropi. Con in più quel gusto apocalittico e high tech che non si sottrae dal dividere le due razze in maniera feroce e radicale, usando dei personaggi episodici simili a figurine intercambiabili nella maniera più caotica ed esplosiva possibile.
Il quinto capitolo della saga è perfino più ridosso all’osso, nella sua essenzialità ludica, dei precedenti. Anche il 3D e la CGI, ma pure la narrazione in sé, sono ormai un puro pretesto per accumulare sanguinosi scontri che dal punto di vista del movimento e del rapporto con lo spazio ricordano sempre più da vicino l’immersione videoludica, tra ambienti puntualmente oscuri e una tridimensionalità che non aggiunge nulla alle immagini a livello visivo. Semmai, per l’appunto, le inscurisce e le appiattisce mantenendo quella genuina fluidità da videogame, che tuttavia non le rende meno implausibili del solito (e non potrebbe essere altrimenti, per consentire un godimento liberatorio e senza l’obbligo della verosimiglianza).
L’elemento della mescolanza tra le razze, sulla carta scottante e già affrontato dalla saga perfino dal punto di vista genetico, ritorna anche in Blood Wars, ma l’interesse tematico degli autori (l’esordiente Anna Foerster alla regia si adegua agli standard del filone) è come sempre un puro pretesto per far baldoria: la purezza della specie, la sua estinzione o il suo imbarbarimento sono meri orpelli di una sceneggiatura senza sovrastrutture, elementare nelle caratterizzazioni ma puntualmente fracassona negli esiti. Non c’è alcun disincanto ironico in questa saga cupissima e ancora una volta fedele a se stessa, puntualmente godibile per i fan ma poco in grado di spostare, anche solo di un millimetro, gli aspetti codificati e seriali del proprio linguaggio interno.
Mi piace: l’aderenza al canone della saga: action fracassone con tratti da soap opera che esalta il fandom.
Non mi piace: la confezione sempre più videoludica.
Consigliato a chi: cerca un film di intrattenimento puro e ai fan della prima ora del franchise con la Beckinsale vampira.
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