“Ustica” (2016) è il decimo lungometraggio del regista di Cesano Maderno Renzo Martinelli.
Lezione(i) di documentarismo su carte, telefonate, intrighi, nascondimenti, mezze verità, falsità e elaborazioni da paramenti statali con un muro contro muro sul film in aggiustamento continuo per la messa in scena, il linguaggio, la posa, le visioni radenti e le interpretazioni da pop-fiction alquanto retrò (o moderniste per quello che la tv ci propina a iosa in ogni quadro e ora).
Il regista vuole coinvolgere tutti: pubblico, set, storia, fatti e musica (roboante) ma il meccanismo tende a vacillare e l’orlo del burrone è vicinissimo con caduta rischiosa: è vicino che neanche (o forse sì) te ne accorgi. Un film di agglutinazione corporea dove il servizio cinema tende a smascherarsi presto per un melò (certo non di livello) che alimenta un’interazione di bulimia indigesta fra piccolo schermo e gioco virtuoso.
Una storia che inizia dal 27 giugno 1980. Del DC9 proveniente da Bologna per Palermo rimasero pezzi di lamiere, fumo e molto sangue nei pressi dell’isola di Ustica. E da quelle immagini televisive (si odono vecchie sigle di telegiornali, voci di ieri e segreterie telefoniche) partono poche vere considerazioni di verità mentre i giornali nazionali argomentano voci e falsità di potere. ‘Paese Sera’ (un giornale chiuso da oltre venti anni) riporta rivelazioni di cui nessuna parlava. E le notizie sono da scavare: missile, aereo libico, aerei Usa, basi militari, patti tra Paesi e politica sempre che copre.
Stridente il linguaggio con una storia intricata e spinosa dove ogni deviazione: la moglie del deputato Corrado di Acquaformosa (dentro una commissione d’inchiesta), Vanja decide di andare oltre le verità confezionate. Non si perde d’animo e ansiosamente cerca, ricerca e incontra anche Roberta Bellodi (giornalista che perse la figlia Benedetta a ‘Ustica’) che in riva al mare aspetta da giorni e giorni l’incontro con la sua amata bimba.
Testarde le donne che vogliono scoperchiare il tutto infangato e così Roberta (Caterina Murino) si decide a incontrare il deputato su invito della moglie Vanja (Lubna Azabal) che mette fretta ad entrambi per onorare il padre della consorte (pilota morto in un altro ‘incidente’ aereo) e la bambina (che diventa sogno e fumo per una madre disperata). Corrado rimane letteralmente sommerso da tutto il materiale appeso e accatastato nella casa di Roberta. Un mare di informazioni, titoli, articoli, nomi e ancora molto altro. Gli incontri con due personaggi che avrebbero visto immagini registrate della partenza di due aerei americani da una base della Toscana non si terranno mai: morte e paura chiudono il cerchio.
Intensità e pathos narrativo è quello che cerca sempre Martinelli anche negli scontri del linguaggio e nelle rughe dei vari personaggi. Il sudore o una lacrima, gli sguardi serrati o una parola fuori tempo scorrono dentro immagini accavallate e di routine fino ad un Parlamento che non vede oltre il proprio naso.
Colpire e andare fino in fondo è lo scopo del regista fino ad una verità (ultima o una possibile…) che lascia avvinti per la faccenda aerea ma che lascia senza respiro per un ingranaggio forse difficile da decifrare (il regista ha tenuto conto, a suo dire, di documenti a dismisura visti negli ultimi tre anni tanto che per la produzione ci sono interventi di ogni tipo e ente, veramente tanti).
Acquaformosa (o meglio di) (Marco Leonardi) e Fragalà (Tomas Arana) è uno scontro nei piani alti: meglio non fare inversione ad U in autostrada nel pieno del traffico dice due volte l’amico a Corrado. Meglio tacere che la verità è scomoda sul serio. Ma le vittime rimangono tali e dopo molti lustri ‘Ustica’ cerca ancora qualcosa che sia definitivo.
La regia tende a spaziare in diversi campi di inquadratura e di genere per un set che non sempre risponde bene. Un film dove i personaggi rischiano la caricatura e l’intrigo della strage una collimazione a ciò che Martinelli vuole dirci con forza e impeto (le scritture finali marcano molte domande ancora mentre i titoli di coda sono uniti ad una sonorità musicale -‘sky wars’- che allarga ancora di più il manifesto del film -guerre nel cielo-).
Voto: 5/10.