“Se hai tutto sotto controllo, allora vuol dire che non stai andando veloce”. Una frase perfetta, che si adatta alla vita più che ad ogni altro contesto e che apre in maniera significativa questa bellissima storia che il regista Matteo Ferrari (“Gli sfiorati”) ci racconta in un modo tutto suo e senza la minima traccia di sbavature. La pellicola, conosciuta con il titolo internazionale di “Italian Race”, si ispira alla vita e alle vicende del pilota di Rally Matteo Capone, e si apre con il lutto di Giulia, giovanissima pilota che corre nel campionato GT, guidata dal padre, che la ama al di sopra di tutto e che perde la vita a causa di un infarto, proprio mentre lei sta correndo. La ragazza si ritrova, da un giorno all’altro, completamente da sola, a doversi occupare del fratellino più piccolo, Nico, oberata dalla responsabilità di vincere a tutti i costi il campionato per riscattare dal debito la casa in cui abita, una vecchia cascina, che l’ha vista bambina.
Il giorno del funerale del padre, Giulia si confronta con la sorpresa di avere anche un fratello più grande, una “ex gloria” delle quattro ruote che, ormai, è un tossicodipendente, alienato dal mondo, e sembra ritornare solo per accampare diritti su quella casa che lei ama tanto e sta cercando di salvare. Un fratello che è insieme genio e sregolatezza, che va a tutta velocità laddove lei, sulla pista come nella vita, è abituata ad andare cauta e a non correre rischi. Un fratello segnato e impossibile da amare, che paradossalmente diventerà il suo sostegno, le insegnerà a crescere e a diventare una campionessa, superando paure e insicurezze e diventando suo mentore anche nella vita.
Un rapporto bellissimo quello fra i due, che si dipana mano a mano, scena dopo scena, facendoci letteralmente innamorare di uno Stefano Accorsi di una bravura eccezionale (in America sarebbe da Oscar), perfettamente calato in un personaggio che è insieme coraggio e disperazione, vittoria e sconfitta e che diventa lentamente un’icona, ben aldilà del mero film di genere. Le scene sull’asfalto sono adrenaliniche, realistiche al cento per cento, tanto che sembra di stare dentro la gara e di respirarne l’odore fino in fondo, appassionati e non. Un film veloce, dunque, veloce come il titolo, che non lascia spazio alla noia e che cattura inquadratura dopo inquadratura, lasciando senza fiato. Bravissima l’esordiente Matilda De Angelis, perfetta nella parte della ragazza giovane che affronta il peso della responsabilità e che è insieme forza e fragilità, come molte donne di oggi; bravissimo Paolo Graziosi, voce gracchiante e viso stanco, nella parte di “Tonino”, vecchio meccanico della famiglia De Martino nonchè “voce narrante” dell’intera vicenda. Un film che non sembra per niente un prodotto italiano e che, certamente, è destinato a conquistare anche l’estero, per via della tecnica eccezionale con cui è girato, della sceneggiatura inappuntabile e della regia ferma e priva di retorica, che inevitabilmente strappa l’applauso ed anche la commozione dello spettatore. Alla fine, ciò che resta dentro è lo sguardo di Accorsi, eroe disperato, dalla voce strascicata e lo sguardo annebbiato, con una visione lucidissima della vita e della morte e un coraggio da vendere.