Venere Nera: la recensione di Adriano Aiello
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Venere Nera: la recensione di Adriano Aiello

Venere Nera: la recensione di Adriano Aiello

Venere nera è il ritratto biografico di Saartjie Baartman, la “Venere ottentotta” – discendente dal popolo dei Khoisan (il più antico dell’Africa meridionale) – che all’inizio dell’Ottocento fu utilizzata tra Londra e Parigi come fenomeno da baraccone per via del corpo massiccio e di una malformazione fisica (i genitali ipertrofici) e finì morta da prostituta per malattia.
Senza raggiungere l’incredibile equilibrio e la bellezza del precedente Cous Cous, Abdel Kechiche, sceglie di affidare il ruolo della protagonista all’attrice non professionista Yahima Torrés e mette in scena un dramma duro e opprimente che attacca le resistenze dello spettatore e lo sfida a non distogliere mai lo sguardo. In questo senso, l’insistenza ossessiva con cui documenta il tragico percorso biografico della protagonista, attraverso i suoi lunghissimi spettacoli (dal volgare folklorismo dei primi show in terra inglese, alla deriva pornografica del periodo francese) è funzionale alla volontà del regista di metterci di fronte alle responsabilità storiche della nostra stessa civiltà.  La costante violazione di Saartjie è un atto barbaro e schiavista, questa è la chiara tesi di Kechiche. Che si tratti dell’interesse scientifico per il suo corpo, della superstizione popolare, o del nascente voyeurismo borghese, il suo martirio fornisce la misura dell’impersonalità delle nostre istituzioni e del razzismo come fondamento storico della cultura occidentale.
Ma se la potenza espressiva del cinema di Kechiche non è mai in discussione, la rabbia politica e il cuore civile del film finiscono (specie nella parte finale) per sbilanciarlo e semplificarlo, adeguandolo troppo alla comune immagine del film di sensibilizzazione.

Leggi la trama e vedi il trailer di Venere Nera

Mi piace
Il viaggio ipnotico nell’inferno privato di Saartjie. Fa male ed è a tratti insostenibile, ma dimostra come Kechiche sia uno dei pochi registi rimasti capace di smuovere le viscere

Non mi piace
L’eccessiva rabbia politica del film, che finisce per togliere complessità al racconto

Consigliato a chi
Non ha timore di imbattersi in un film mai consolatorio ad opera di un regista di grande potenza espressiva

Voto
4/5

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