C’è un’espressione francese che sembra particolarmente adatta a inquadrare Vi presento Toni Erdmann: “pince-sans-rire”. Ovvero“ironia senza risata”. La commedia tedesca diretta dalla 40enne Maren Ade s’inserisce infatti in quel tipo diumorismo freddo, anoressico, che raggiunge il proprio apice con Kaurismäki eJarmusch e che non misura il divertimento dello spettatore in grasse risate quanto in una sorta di spiazzamento. Uno spiazzamento costruito su situazioni assurde e personaggi eccentrici.
In questo caso, il personaggio stravagante – vero deus ex machina della comicità – è un sessantenne dai capelli bianchi che si diletta a indossare denti finti e a pitturarsi il volto come uno scheletro facendo scherzi a malcapitati fattorini che suonano alla sua porta o a familiari esasperati che ormai lo guardano con rassegnata compassione. È lui il Toni Erdmann del titolo, ed è nel suo essere esagerato, sempre fuori luogo, sempre imbarazzante, che si basa l’irresistibile ironia (amara) del film. Un’ironia che, man mano che la storia prosegue, si tinge digrottesco e costruisce diverse sequenze disturbanti che mettono volutamente a disagio lo spettatore. E così, a un certo punto, proprio come la figlia di Toni, ammanettata a tradimento dal padre prima di un appuntamento importante, anche noi, a un certo punto, vorremmo che tutto finisse il prima possibile, che Toni trovasse quella maledetta chiave e ci liberasse… Ma è un pensiero che dura poco perché poi, a Toni, vorresti solo corrergli incontro e abbracciarlo.
Se il rapporto padre-figlia, così intimo e conflittuale, è qualcosa di estremamente toccante, l’altro aspetto interessante del film è il gioco di specchi tra i personaggiche la regista ha apparecchiato con le carte del travestimento e del nudismo. Il padre riesce a relazionarsi con gli altri solo mettendosi una maschera; in maniera diversa e identica, la figlia fa lo stesso, recita in continuazione con i suoi colleghi, i suoi amici, i suoi familiari, solo che la sua maschera non sono denti finti o un parrucchino ma l’armatura-tailleur da business woman che indossa ogni mattina. In questa vita quotidiana come rappresentazione – per citare Erving Goffman – entrambi recitano nel teatro che è la nostra società. Solo nel momento in cui il padre indosserà il suo travestimento più appariscente e in cui la figlia si toglierà letteralmente di dosso tutti i vestiti, entrambi riusciranno a capire veramente chi sono. E solo allora riusciranno a ritrovarsi.
In maniera più o meno dichiarata, nella vita recitiamo sempre. Questo ci ricorda Vi presento Toni Erdmann. Troppo spesso siamo finti, e allora non suona poi così assurda la provocazione del protagonista che vorrebbe assumere una ragazza come sostituta della figlia, dato che la figlia vera è sempre lontana per lavoro… Copie, maschere, finzione. Il tema dell’identità percorre tutto il film dove i personaggi, non a caso, sono ossessionati dai biglietti da visita e dalle presentazioni (per una volta, il titolo italiano è perfetto); un tema che risuona anche nell’ambientazione della storia, in quella Bucarest “schizofrenica”, terra della delocalizzazione, dove si sente parlare praticamente solo tedesco e inglese, non-luogo alla periferia del Potere che corre dietro all’internazionalizzazione perdendosi per strada la propria identità.
Nonostante la lunghezza eccessiva (siamo oltre le 2 ore e 40), e una regia dall’estetica televisiva al mero servizio della storia senza particolari guizzi visivi, Vi presento Toni Erdmann è uno dei titoli più originali e spiazzanti nel panorama del cinema autoriale degli ultimi anni. Un inno all’umorismo, all’ironia, al non prendersi troppo sul serio, che è stato giustamente acclamato al Festival di Cannes, ha vinto 5 EFA (ovvero gli Oscar europei), e ha ottenuto una nomination agli Oscar (quelli veri); riconoscimenti meritatissimi.
Mi piace:
L’umorismo anoressico e spiazzante. Gli interpreti, perfetti.
Non mi piace:
La lunghezza eccessiva. Una regia un po’ piatta, senza alcun guizzo visivo, solo al servizio della trama.
Da vedere perché:
Sebbene imperfetto, è uno dei film d’autore più originali e spiazzante degli ultimi anni.
Voto: 4/5
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