“Non c’è davvero molto del tanto sbandierato rapporto padre-figlia nel film, come non c’è davvero molto su di lui, il professore di musica Winfried Conradi in arte Toni Erdmann, non sappiamo quasi nulla di quest’assurdo genitore” (Niola). Dop’un’ora e 50 di lungaggini e balordaggini (c’è persino chi adora un simile “Kaurismäki’s touch”), lo scontro intergenerazionale tra fricchetton’e donn’in carriera si trasforma in politilogica dialettica tra “coscienza verde” e “necessità di modernizzazione”. Meglio i soldi o godersi la vit’a ogn’attimo? Tertium non datur, la regista in un rocambolesco sussulto propositivo ci ripropina, dopo un’ulteriore ora di vaccate, nientemeno ch’Orazio. “Molto più convenzionale di quanto non possa sembrare, ‘Vi Presento Toni Erdmann’ bluff’ad ampie riprese, e la sua retorica generica e banale non può essere accettata solo perché nobilitata da uno spunto [brechtianamente] stravagante.” L’aut-aut impostoci è così stupido e tracotante che non dovrebb’essere pres’in alcuna considerazione. I Cure di “Plainsong” (1989) sugl’end credits sono la mazzata definitiva.
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