Vita di Pi: la recensione di paulinho
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Vita di Pi: la recensione di paulinho

Vita di Pi: la recensione di paulinho

Tra momentanei abbandoni e vari rinvii, il libro “Vita di Pi” di Yann Martel (2001) ci ha messo quasi dieci anni per diventare realtà. Dopo molti passaggi di testimone, il timone della regia è stato affidato al pluripremiato regista taiwanese Ang Lee. Mai scelta fu più azzeccata.
È difficile concentrare la trama di “Vita di Pi” in poche righe. La storia è raccontata sotto forma di flashback dallo stesso protagonista una volta diventato adulto. Si parte dal suo nome, ispirato a una piscina parigina, per poi passare alla religione. Pi è induista, ma anche cristiano e islamico. Ciò turba il padre, fortemente ateo, che preferirebbe che il figlio credesse in qualcosa che lui stesso non condivide, piuttosto che credere in tutto finendo per non credere a niente. Inoltre, il padre di Pi è il proprietario dello zoo di Pondicherry, o meglio, è il proprietario degli animali dello zoo di Pondicherry. Pi fa conoscenza con Richard Parker, la nuova tigre del Bengala appena acquistata dal padre. Questa conoscenza lo fa crescere all’improvviso, facendo perdere ai suoi occhi parte della bellezza del mondo. Dopo pochi anni, a causa delle crescenti difficoltà economiche, il giovane protagonista si appresta a trasferirsi con la sua famiglia e gli animali dello zoo in Canada per iniziare una nuova vita. Peccato che Dio ha dei piani diversi: la nave affonda con la sua famiglia e i suoi animali. Pi si salva imbarcandosi su una scialuppa e il suo unico compagno di naufragio è la tigre del Bengala Richard Parker.
Quello che avete letto è solo un assaggio dell’immenso film che Ang Lee ha realizzato. Il primo punto di forza di questa pellicola è sicuramente l’essere rimasta fedele al bellissimo romanzo di Martel, grazie anche allo sceneggiatore David Magee. Infatti, come nel libro, sarà impossibile non affezionarsi ai due protagonisti e non commuoversi dinnanzi a questa odissea.
Il comparto tecnico è ineccepibile. La regia di Ang Lee si armonizza alla perfezione con la fotografia di Claudio Miranda, il quale grazie a questo film ha vinto il suo primo premio Oscar, e gli effetti speciali stupiscono come pochi film sanno fare (è da applausi la scena dell’isola carnivora). Le sole immagini riescono a farci sentire la desolazione dei due naufraghi.
Il film vanta un cast internazionale, con un cameo di Gérard Depardieu. Ma ovviamente tocca all’esordiente Suraj Sharma reggere l’intero film. Compito che svolge alla grande. Pur essendo stato creato al computer, va detto che Richard Parker è stato realizzato talmente bene che basta guardarlo negli occhi per capire cosa prova. Nessuno scherzo, anche la performance della tigre è da applausi.
L’unica pecca sta nel finale. Forse troppo affrettato, ma probabilmente voluto così dallo stesso regista. Perché, come detto nel film, la vita è una continua separazione. Il dolore non sta nel separarsi, ma nel non aver avuto il tempo di essersi detti “addio”.
“Vita di Pi” è un film per ragazzi e per adulti che racconta la bellezza della vita. Bellezza che non può essere colta se non si ha il coraggio di non arrendersi, di andare avanti nonostante gli ostacoli che si incontrano lungo il percorso.

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