Wall Street: Il denaro non dorme mai: la recensione di Black Rain
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Wall Street: Il denaro non dorme mai: la recensione di Black Rain

Wall Street: Il denaro non dorme mai: la recensione di Black Rain

A 23 anni di distanza dall’uscita nelle sale cinematografiche di “Wall Street”, Oliver Stone dirige l’atteso sequel del celebre quanto discusso film che consacrò definitivamente sul grande schermo Michael Douglas, figlio d’arte del grande attore Kirk Douglas. Ritratto disincantato e impietoso del Capitalismo d’assalto, del fenomeno del yuppismo, del positivismo imprenditoriale e del dominio della finanza nell’America degli anni Ottanta in pieno Reaganismo, “Wall Street” fu tra le maggiori pellicole di successo del decennio. La memorabile interpretazione del personaggio di Gordon Gekko valse a Douglas la conquista del Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista nel 1988, aggiudicandosi l’ambita statuetta battendo celebri attori del calibro di William Hurt, Marcello Mastroianni, Jack Nicholson e Robin Williams. Douglas torna ad indossare i panni del celebre e spregiudicato finanziere che gli regalò fama e notorietà nel corso degli anni, un’interpretazione magistrale dotata di una forza impressionante e di un carisma sconfinato, accompagnata dai celebri discorsi ormai entrati nell’immaginario collettivo, tra cui il celeberrimo monologo “greed is good” (“l’avidità è giusta”).

“Wall Street: Money Never Sleeps” si ricollega alla prima pellicola in maniera diretta grazie al ritorno di Gekko sulla scena da grande protagonista nell’ambiente finanziario newyorkese. Dopo aver scontato una lunga pena in carcere, Gekko viene riammesso in libertà nel 2008 e decide di tornare a vivere nel mondo che vent’anni prima lo aveva visto artefice di un’impressionante scalata ai vertici del potere seguita da una precipitosa battuta d’arresto. Tenta di riallacciare con fatica i legami spezzati con la figlia Minnie, la quale ha cercato di cancellare dalla propria mente il ricordo del padre. Gekko scopre nel frattempo che il mondo è cambiato velocemente. O forse no. Sono cambiati i tempi, i telefoni cellulari ma non gli uomini, affamati di denaro e potere ancor di più rispetto al recente passato. Il vecchio leone, fiero combattente mai vinto, si rialza come un pugile suonato e continua a combattere, pubblicando un saggio nel quale avvisa dell’imminente crisi finanziaria che il mondo si appresta a dover fronteggiare, regalando un’altra suggestiva performance al pubblico accorso alla presentazione del suo nuovo libro: “Qualcuno mi ha ricordato che una volta ho detto “l’avidità è giusta”. Ora è legge”.

Il nuovo Gordon Gekko rappresenta molto di più di un vecchio saggio, visionario disilluso di un mondo dove si sente straniero, profetico ancora una volta nelle parole che trasudano di uno sguardo lucido e implacabile e che diventano verbo assoluto, una risposta concreta alla ricerca della verità. Gekko diventa mentore di Jacob Moore, il fidanzato della figlia, un giovane allievo deciso a seguire i passi del vecchio maestro, contro di Bretton James, abile nel ruolo dell’antagonista principale. I soldi non sono certo l’oggetto principale del feroce accanimento di Gordon. La sua meta finale non è il raggiungimento della ricchezza. Nulla di più sbagliato. Gekko intende vincere la propria battaglia contro tutti e contro il sistema di Wall Street, una lotta per dimostrare a sé stesso di essere ancora l’uomo padrone di un tempo, dei giorni di gloria che sono diventati ormai solo un ricordo sbiadito, artefice del proprio dominio sul mondo, affamato di vittoria. L’America si trova a un bivio, a un punto di svolta critico, a un capolinea decisivo e determinante per il futuro dopo gli anni della presidenza Bush. Cambiare tutto perché nulla cambi, secondo il celebre motto gattopardesco. Mentre la nuova bolla finanziaria colpisce gli investitori, Gekko torna prepotentemente sugli scudi. Lo sguardo di nuovo cattivo e convinto di Douglas, la sua ferocia e determinazione beffarda nel muoversi sul palcoscenico su un piano superiore dove lui è di nuovo protagonista in grande stile, porteranno il personaggio a una profonda riflessione da parte di un uomo fondamentalmente solo con sé stesso e senza una famiglia accanto. La riappacificazione di Gordon con Minnie e Jake e il finale apparentemente frivolo e privo di significato del film potrebbero ingannare lo spettatore. Alcune bolle di sapone volano in aria nel cielo: forse il segnale di una nuova crisi che presto o tardi scoppierà nuovamente? Chissà. Quel che resta è una magistrale interpretazione di uno straordinario Michael Douglas ormai pienamente padrone di una figura che meritava uno sviluppo, un seguito degno di nota per un attore eccezionale.

Mattia Albera

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