Wonder Woman: la recensione di Mauro Lanari
[Rielab.] Ero curioso di vedere com’avrebbero potuto modernizzare, aggiornare, attualizzare uno dei personaggi più incartapecoriti dei comics. E infatti non ce l’hanno fatta. WW che lotta contro la 1a WW, e non è un doppelgänger, continua a evocare non una dea amazzone ma un’atleta steroidizzata dell’ex DDR, un donnone statuario privo di charme che la modella israeliana Gal Gadot rappresent’alla “stragrande”. Imparagonabile al fascino della Theron in “Æon Flux” o della Garner in “Elektra”, entrambi del 2005, mentre la Berry, “Catwoman” (2004) o meno, non è dotata né della tonicità fisica della prima, né della tonicità caratteriale della seconda. Eppure con l’analogo “Thor” (2011) c’erano riusciti, ma il suo punto di forza risiedeva non nell’insulsa dinamica della divinità (scesa dal Pantheon) o con gl’uomini o con l’antagonista, bensì, omericamente, nell’universo divino delineato a immagin’e somiglianza delle nostre magagne. Da ipritizzare.
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