Nell’agosto del 2011 alcuni meteoriti entrano nell’atmosfera terrestre schiantandosi nei pressi di grandi città sparse per il pianeta, tra queste Los Angeles. Celati al loro interno veicoli alieni che riversano nelle metropoli un esercito pronto ad una fulminea e brutale invasione. Da Camp Pendleton, maggiore base dei marines della West Coast vengono inviati plotoni di soldati pronti a dar battaglia alla fanteria aliena, tra i marines che giungono nella Città degli angeli c’è Michael Nantz sergente in procinto di andare in pensione che si ritrova di nuovo in mezzo al campo di battaglia di fronte ad una città devastata che sta per cadere sotto i colpi inferti dalle forze nemiche.
Da 15 anni dall’ uscita di “Independence Day”, blockbuster catastrofico e caciarone di Roland Emmerich (L’alba del giorno dopo, 2012) con protagonisti Will Smith, Bill Pullman e Jeff Goldblum, Hollywood ha tentato, invano, di sfruttare il successo e l’hype generato dalla pellicola del regista tedesco, propinandoci anno dopo anno improbabili invasioni aliene a base di gigantesche astronavi, monumenti distrutti ed eroi tutti d’un pezzo in grado, da soli, di sconfiggere il nemico venuto dallo spazio.
Negli ultimi tentativi qualcosa è cambiato. Prima Steven Spielberg con il suo personalissimo remake de La Guerra Dei Mondi e Neil Blookman poi con l’affascinante e sorprendente District 9. Due pellicole non prive di difetti ma che rispolveravano e aggiornavano un po’ il tema dell’ invasione aliena. Ora, qualche anno dopo, tocca a un regista che i patiti di horror conosceranno bene, Jonathan Liebesman (Non aprite quella porta: l’inizio) dire la sua sul genere con il tanto atteso e super lanciatissimo Battle: Los Angeles (aka World Invasion). Il giovane regista sudafricano la dice eccome la sua. E lo fa con classe, eleganza e guerriglia urbana totale. Ma chiariamo subito: Battle: Los Angeles non è un film sugli alieni.
“Ma come?” — direte voi – “Se non è film sugli alieni perché parlare di ID4 e La Guerra Dei Mondi?”, semplicemente perché gli alieni ci sono, ma non vengono utilizzati come si potrebbe pensare. Niente combattimenti aerei tra F16 e Ufo, niente azioni spettacolari e atti di eroismo da fumetto. World Invasion ci evita noiose riflessioni sulla natura dei nemici e va subito al dunque: sono alieni? Sì. Ci stanno invadendo? Sì. Ok allora andiamo lì fuori e affrontiamoli. Punto. Anche perché se c’è qualcuno o qualcosa intenzionato a farti saltare il culo per aria perché perdere tempo a porsi domande inutili? In questo film non si spettacolarizza l’invasione, non dovremo sorbirci le sempre uguali panoramiche delle astronavi che distruggono tutto con improbabili raggi laser. L’invasione viene raccontata solo attraverso le immagini sgranate dei televisori che il plotone troverà nelle case abbandonate e distrutte di una Los Angeles sotto attacco e martoriata dal fuoco nemico e amico. Una Los Angeles che non può non riportare alla mente la Baghdad dei giorni nostri.
World Invasione — Battle: LA è un film di guerra, forse anche uno dei più classici film di guerra mai realizzati, che usa l’alieno solo come scusa per raccontare le vicende di un plotone di marines degli Stati Uniti che si vede catapultato all’ improvviso in un inferno come un altro ad affrontare un nemico sconosciuto. Fattore che nelle intenzioni del regista avrebbe dovuto far nascere nello spettatore un sentimento di terrore. Ed è qui che Liebesman fallisce.
La pellicola trascina lo spettatore nel centro dell’azione, distraendolo a tal punto, che paura e angoscia saranno quasi impossibili da sperimentare. Il “mostro” diviene un semplice contorno alla vicenda bellica. Le secchiate di adrenalina soffocano ogni tentativo di costruzione della tensione ansiogena. Questo non significa che il film sia privo di immagini o combattimenti spettacolari, anzi, l’azione è martellante, incessante, totale. La guerra, anche se contro un nemico di fantasia, è come ormai intendiamo una guerra nel nostro secolo, vale a dire combattuta tra le strade delle nostre città, casa per casa, dove per proteggersi dal fuoco nemico bisogna ripararsi dietro una vettura abbandonata o le macerie di un edificio ormai distrutto. Basta battaglie campali, è la guerriglia urbana “uomo vs alieno” che ci racconta Liebesman, utilizzando una regia nervosa, quasi documentaristica, focalizzando l’attenzione sui volti dei marines sporchi di fango, sudore e sangue. Non inquadra mai gli alieni da vicino, li vediamo sempre di sfuggita, vediamo le loro carcasse a terra, i loro corpi muoversi veloci e furtivi fra le vetture e sui tetti delle case, le loro ombre e i proiettili sputati dalle loro armi. Sembra di assistere a un nuovo Vietnam, col nemico sempre invisibile, ma letale.
Niente “dialoghi” in lingua aliena, niente fauci spalancate a due centimetri dalla faccia di uno dei protagonisti e — soprattutto — niente raggi laser blu, verdi o rossi. Qui, anche il nemico è un soldato e come tale si comporta. Spara su qualsiasi cosa si muova, civili e non, avanza e usa tattiche di combattimento supportate da veicoli aerei e armi da fanteria pesante. La sceneggiatura, del quasi esordiente Christopher Bertolini non evita di citare alcuni classici del genere: dal già citato Independence Day fino a una sequenza/omaggio al primo Alien di Ridley Scott. Lo script dell’ italo-americano viene reso fedelmente sullo schermo da una scenografia mozzafiato che vede una Los Angeles in una continua e progressiva distruzione, una colonna sonora emozionante e intensa, un montaggio serrato, da una regia frenetica e attenta.
Non privo di difetti, World Invasion — Battle: Los Angeles pecca forse nell’ eccessivo tentativo di caratterizzare tutti i personaggi presenti sullo schermo. Non mancheranno, purtroppo, alcuni dialoghi sopra le righe, ma detto questo la pellicola rappresenta una fresca novità nello scenario un po’ macchiettistico dell’invasione aliena.
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