VOTO: Eh già, non ci sono più gli zombie di una volta
Avevamo quasi perso le speranze, ma l’estate è arrivata. Si riducono le grandi uscite in sala, anche se ben selezionate, aprono i cinema all’aperto tra sciami di zanzare e caldo asfissiante ma soprattutto arriva l’esame più difficile dell’anno, la prova costume. Sono passati venticinque anni, ed io continuo ad essere bocciato a quell’esame (tutto bene, ma poi ci sono quelle piccole bastarde maniglie dell’amore). Onde evitare di dover aspettare il prossimo libro di Federico Moccia per tornare in forma (un titolo potrebbe essere “dopo elementari, medie e liceo, è ora degli addominali”), mi sono seduto davanti allo schermo senza popcorn. Non garantisco pertanto che, senza il fabbisogno ludico di mais/burro/sale, la recensione di World War Z sia da considerarsi attentibile (si legge “Uorld Uor Zed”, ‘gnurant).
Come tutti i film di zombie che si rispettino, World War Z vede l’umanità alle prese con una nuova epidemia che in pochissimo tempo si diffonde in tutto il mondo. Il virus sembra destinato a trasformare tutti gli abitanti della Terra in super zombie aggressivi ma dovrà fare i conti con Brad Pitt. Gerry Lane (Pitt) è un ex agente delle Nazioni Unite ritiratosi a vita privata con la moglie Karin (Mireille Enos – The Killing, Gangsetr Squad) e due figlie. Quando l’epidemia coglierà loro di sorpresa a Filadelfia, Gerry dovrà tornare in servizio per garantire la salvezza alla sua famiglia e partirà alla ricerca del luogo dove è avvenuto il primo contagio, nella speranza di trovare una cura.
E’ proprio vero che non ci sono più gli zombie di una volta! Dimenticatevi i mostri stupidotti che si trascinano lenti verso la carne viva, World War Z segue il filone horror/action degli ultimi anni dove i “non morti” sono delle temibili bestie contagiate dalla rabbia che possono correre, rompere vetri a testate (è importante usare la testa) e creare colonne umane per superare ogni ostacolo (non vomitano verde, ma poco ci manca). La trama, quando si tratta di questo genere di pellicole, è fatta un po’ con lo stampino (chi giocava da bambino con “fabbrica dei mostri”?), e World War Z, tratto dal libro di Max Brooks “An Oral History Of The Zombie War”, ricorda parecchio il lungometraggio di Danny Boyle 28 Giorni Dopo (2002) oppure uno qualsiasi dei capitoli della saga più famosa dedicata agli zombie, Resident Evil (Paul W. S. Anderson, 2002). Per fortuna sono diversi i motivi che non fanno sembrare WWZ l’ennesimo film con Milla Jovovich, innanzitutto la regia. Dietro la macchina da presa c’è il tedesco Marc Foster, famoso per aver diretto con successo Neverland: Un sogno per la Vita (2004) e Il Cacciatore di Aquiloni (2007), ma anche celebre, purtoppo per lui, per aver tirato fuori dal cilindro delle cagate pazzesche provando a fare il genere action. Il caro Marc ha rischiato di concludere la saga di 007 prima di arrivare al cinquantenario causa Quantum Of Solace (2008) e ha umiliato Gerard Butler in Machine Gun Preacher (2011). Non si sa cosa gli sia successo ma questa volta “Si, può fareeeeeeeee”. A partire dalle prime immagini, effetti speciali e qualità della pellicola mostrano tutti i centonovanta milioni di budget spesi per World War Z, forse la prima volta in cui vengono spesi tutti questi soldi per uno zombie movie. In genere ci tocca qualche attore di serie B ed abili truccatori, invece questa volta, su desiderio dello scrittore Brooks, è stato arruolato “Achille” Brad Pitt a reggere da solo due ore di azione ad alta tensione senza un minuto di tregua (curioso che usino proprio le parole “tallone d’Achille” in una battuta). Nulla da dire sul cinquantenne dell’Oklahoma, è l’attore che in un film di questo tipo può fare la differenza, senza il bisogno di “spalle” più o meno celebri (la moglie Karin infatti mai vista e sentita prima). C’è poi da dire che Pitt, nonostante terribili capelli lunghi a cui manca solo lo shatush, mette d’accordo un po’ tutti. Le donne lo amano e rappresenta per tutti gli uomini la proiezione ideale di ciò che saranno a cinquant’anni (ho detto proiezione perché la realtà è poi più simile alla fisicità di Ciccio Valenti). C’è anche un po’ di Italia in World War Z, Pierfrancesco Favino (Angeli e Demoni, Acab) compare nel ruolo di dottore della W.H.O., confermando di essere uno dei pochi attori italiani all’altezza del cinema mondiale (bravura batte bellezza uno a zero). Di casa nostra anche Marco Beltrami, chiamato a comporre la colonna sonora insieme al gruppo inglese “Muse”.
In fine vorrei dare il premio “sfigato dell’anno” a Matthew Fox (ve lo ricordate? Il protagonista della serie televisiva Lost, non uno qualunque, ribadisco il protagonista), i più attenti riusciranno a scovarlo in una piccola, anzi microscopica, anzi umiliante comparsa, della serie “quello che muore all’inizio del film si vede più di me”.
World War Z è un film riuscitissimo per il suo genere, riesce a tenerti incollato alla sedia in tensione fino alla fine ed è curato nei minimi particolari, sia nelle sequenze (a tratti anche buffe e creative) sia nelle location (ci sono immagini spettacolari girate a Gerusalemme ed in giro per il mondo).
Il contagio è appena iniziato, comincia a contare…milleuno, milledue, milletre…
COSA HO IMPARATO (ATTENZIONE SPOILER)
-Madre natura è una serial killer
-Mai correre con una pistola in mano
-Le donne chiamano sempre nel momento sbagliato
-Il decimo uomo dice sempre no
-Gli aeroplani hanno le scalette come i pedalot
-A te l’ascia, a te la pistola, perché a me il piede di porco? Perché sono italiano?
-Il virus (di stampo selettivo chiaramente nazista) trasforma gli umani in un misto tra un velociraptor e una rana dalla bocca larga
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