Zona d'ombra: la recensione di Pierre Hombrebueno
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Zona d’ombra: la recensione di Pierre Hombrebueno

Zona d’ombra: la recensione di Pierre Hombrebueno

A distanza di 10 anni dalla Pursuit of Happyness di Gabriele Muccino, Will Smith è ancora alla ricerca della felicità, di un proprio posto in quella terra dei sogni che è l’America. Immigrato africano, il nostro è un outsider dal cuore d’oro, un genio della medicina che degli Stati Uniti vedrà sia lo yin che lo yang: immenso paese dai grandi valori da una parte; corruzione e abuso di potere dall’altra. Contro di lui, niente di meno che la NFL, la Lega Nazionale di Football, corporazione pronta a tutto pur di nascondere le proprie controversie interne. È, ancora una volta, la parabola del gigante contro l’omino arrivato dal nulla, uno dei tòpos preferiti di Hollywood.

Tutta interessante la parte dell’inchiesta sportiva (a quanto pare, le troppe botte in testa che ricevono i giocatori di Football possono avere delle ripercussioni anche mortali nei loro confronti), ma è abbastanza chiaro che l’obiettivo principale del regista Peter Landesman non sia una dettagliata documentazione di quelle scabrose scoperte, quanto l’uomo che sta dietro al processo di smascheramento, il Dottor Omalu interpretato da Smith. Alla “freddezza” scientifica, il cineasta preferisce il fattore puramente umano: a essere privilegiato, insomma, più che il resoconto storico, è piuttosto l’eroico percorso del protagonista. È il suo sguardo a contare, la sua testardaggine, la sua ingenuità, il suo orientarsi nella nazione a stelle e strisce, tra lacrime e sacrifici. E ci sorprende pure che l’ex principe di Bel Air non sia stato nominato agli Oscar, talmente Academy friendly è il suo personaggio e la sua interpretazione.

Insomma, il punto a favore di Zona d’ombra è che riuscirà a emozionare anche gli spettatori che di Football sanno poco o nulla, proprio perché lo sport è meramente un contorno o, se vogliamo, un pretesto, per quanto basato su una storia vera anche abbastanza tosta. In tutto questo, Landesman segue un approccio classico, cristallino, pulito e a prova di rischi. Nessun azzardo estetico, e, contrariamente alla traduzione italiana del titolo, nessuna zona d’ombra: qua il lato chiaro è separato con forza da quello oscuro, i buoni sono valorosi fino al midollo e i cattivi non hanno rimorsi, proprio come nella tradizione old school. Per questo il film odora anche un po’ di vecchio, di eccessivamente stucchevole, di perfezione ormai datata e sorpassata: eppure, la sempreverde formula, siamo sicuri, saprà colpire anche stavolta, e alcuni spettatori piangeranno addirittura commossi. Nulla di male in questo, anzi: Zona d’ombra avrà anche scelto di vincere facile, ma almeno ha vinto.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace: La semplicità che predilige il racconto umano al resoconto storico/scientifico

Non mi piace: L’eccessivo approccio da manuale classico

Consigliato a chi: Ai fan di Will Smith e delle storie cariche di sentimenti

Voto: 3/5

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