Zoolander 2: la recensione di Andrea Facchin
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Zoolander 2: la recensione di Andrea Facchin

Zoolander 2: la recensione di Andrea Facchin

«Mai essere un completo ritardato, man!», consigliavaRobert Downey Jr. a Ben Stiller in Tropic Thunder. Un suggerimento su come affrontare ruoli da “minorati mentali”, così da conquistarsi i favori dell’Academy. Ora, Derek Zoolander non porterà certo l’Oscar a Stiller, ma l’attore a fare l’idiota – il completo idiota, alla faccia di RDJ – è bravo. Lo era nel 2001, anno dell’esordio su grande schermo del modello bello bello in modo assurdo, e lo è ancora 15 anni dopo, nel sequel che ne segna il ritorno.

La domanda è: Zoolander – in passerella come al cinema – è ormai storia vecchia? I tempi sono cambiati e con loro tutto ciò che fa tendenza. Derek e Hansel sono lo specchio di un glamour e di un linguaggio che oggi non esistono più, sostituiti da stilisti sempre più eccentrici e dalla capillarità dei social network. Il mondo che prima era ai loro piedi, ora li ridicolizza. Ma il duo ha ancora diverse carte da giocare e il primo a crederci è proprio Stiller, che sceglie di non stravolge le chiavi di lettura del film d’esordio, cercando di arricchirle di nuovi spunti. Per avvicinarsi a un target più giovane e non solo agli aficionados, per esempio, si inventa un’organizzazione che elimina una ad una le popstar del momento e quella che vediamo morire a colpi di mitra a inizio film, come anticipato dai trailer, è Justin Bieber, che prima di spirare trova il tempo di scattarsi un selfie in posa blue steel e postarlo su Instagram. Un modo per dissacrare le icone di questa pop-culture, insieme alla loro smania di apparire figlia dell’invadenza dei social e dell’egocentrismo dello showbiz, in cui molto è artificioso e poco autentico (esemplare in questo senso Alexanya Atoz, la rifattissima e monoespressiva stilista di Kristen Wiig, personaggio le cui potenzialità, colpevolmente, non vengono sfruttate a pieno).

Come il primo capitolo, Zoolander 2 è una fiera delle vanità e, allo stesso tempo, un grande mix di generi: parodia del mondo della moda, citazionista, commedia, spy movie e “dramma familiare”, con il rapporto conflittuale tra Derek e suo figlio da una parte e dall’altra la costante ricerca di se stesso di Hansel, tormentato dall’assenza di una figura paterna nella sua vita. Sono due linee narrative inserite in una storia che è ancora più farsa di quella precedente, ma paradossalmente meno lineare perché caricata con bizzarre leggende mitologiche, una misteriosa fonte della giovinezza e la bruciante voglia di vendetta del diabolico Mugatu. Il sequel rispetta le regole del gioco esagerando in stupidità, ma in un simile calderone di follia, la satira ne esce a tratti indebolita, soffocata dalle gag (a volte troppo fini a se stesse) dei due protagonisti e dai tanti camei illustri (memorabile Benedict Cumberbatch nei panni del supermodello Tutto… è il suo nome), che fanno del film un’autentica sfilata di star.

Ha sempre stile, Zoolander: funziona e questo vestito gli calza a pennello. Qualche accessorio in meno, però, non avrebbe fatto male.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace:
Ben Stiller e Owen Wilson sono sempre esilaranti, ciò che è parodia funziona e Will Ferrell un villain irresistibile.

Non mi piace:
Il film tende un po’ a perdersi in mezzo a tutte le sue star e i suoi marchi e alcune gag sono fini a se stesse.

Consigliato a chi:
Si sente bello bello in modo assurdo, ha sempre sognato di uccidere (o veder morire) Justin Bieber e agli irriducibili fan di Zoolander.

Voto: 3/5

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